«I soldi di alcuni appalti se li intascò Cappadona»

«L’ingegner Tiziano Pinato del Genio Civile mi ha riferito che una parte degli introiti di alcuni lavori della Regione finivano nella tasche del maresciallo Franco Cappadona, visto che garantiva copertura ad alcune ditte. Molti sapevano che nel ristorante della famiglia di Cappadona, l’Antica Albora di Piove di Sacco si poteva parlare senza l’ansia di essere intercettati visto che le pareti erano schermate».
È di Mirco Voltazza, imprenditore e faccendiere di Casalserugo la deposizione più piccante fatta ieri nel processo per la tentata concussione in merito alla sede dell’Arpav che vede a processo l’ex capo della polizia giudiziaria della procura, il maresciallo dei carabinieri, Franco Cappadona e l’imprenditore Mauro Bertani. Voltazza, già finito nei guai per lo scandalo del Mose e con alle spalle una condanna per bancarotta ha ricordato in aula frase raccontate da altri: «Paolo Garofolin mi disse che se avesse ascoltato Cappadona non sarebbe finito in carcere, Tiziano Pinato ripeteva spesso che lui aveva la licenza di uccidere, tanto aveva Cappadona che lo copriva. Ricordo che tra le imprese amiche di Cappadona c’era la Capparotto. Un giorno era in macchina con Emanuele Canova di Piove che per sapere a chi era intestata la targa di un’auto telefonò a Cappadona». Il processo era iniziato con la testimonianza di Giovanni Maria Pittoni, ora direttore sanitario dell’Usl 1 e all’epoca dei fatti, nel 2009, direttore della terapia intensiva dell’Azienda. Si è ricostruito il ricovero di padre Giuseppe Menini che era stato operato dal professor Artibani e poi era morto. Pittoni ha raccontato di aver ricevuto la telefonata di Cappadona che, con tono perentorio, gli disse che doveva denunciare Artibani per l’operazione. Dopo di Pittoni è stato sentito Adriano Cestrone, all’epoca direttore generale dell’Azienda. «Cappadona sapeva sempre molte cose in anticipo» ha detto «quando avevo dei problemi che potevano interessare la procura ne parlavo con lui, sapevo che aveva la stima dei procuratori Calogero e Curtarello. Pensavo di unificare i servizi amministrativi di Usl e Azienda e lui mi propose di portarli al Net Center. Poi non se ne fece nulla, era troppo costoso. Su padre Menini, Cappadona sapeva che Artibani e un altro medico avevano bisticciato durante l’operazione, un fatto che avrebbe potuto essere stato determinante. Fu presentata denuncia indipendentemente da Cappadona che consiglio di affidare la causa a Fornasiero». L’onorevole Alberto Giorgetti di Forza Italia (all’epoca, nel 2008, già parlamentare e segretario regionale di An) ha confermato in aula di aver incontrato Andrea Drago e Filippo Ascierto alla Camera per la parlare del bando Arpav al Net: «Drago mi disse delle pressioni che stava subendo per la sede al Net, la campagna di stampa contro di lui gli ha chiuso la carriera pubblica». Incontro confermato anche dall’ex parlamentare Filippo Ascierto: «L’amico Bertani era arrabbiato perché convinto di essere arrivato primo con il suo Net Center nel bando dell’Arpav. Quindi io mi interessai». Ascoltata come teste pure la compagna di allora di Ascierto, Luana Levis. «Ricordo che Bertani venne a cena a casa nostra e Ascierto gli chiese un preventivo per costruire una nuova casa a Turri in legno. Preventivo che fu molto esoso, più di un milione di euro. È stato più conveniente realizzarla in muratura. Poi l’imprenditore Claudio Toffanello ha raccontato di come Cappadona gli consigliava con chi lavorare per non avere problemi. Per ultima è stata sentita l’imprenditrice Moiza Martini: «Cappadona mi convocò in procura e al telefono mi disse che se non andavo mi faceva venir a prendere mettendomi le manette. Poi mi chiese anche in merito all’interrogatorio che mi avevano fatto in precedenza i carabinieri del Nucleo Investigativo. Mi disse che tutti i suoi colleghi erano sotto a lui». La donna registrò con il cellulare l’interrogatorio che le fece Cappadona che ieri è stato riprodotto in aula.
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