I tentacoli del clan Brusca affondano nel Padovano

A Megliadino San Vitale Giuseppe La Rosa e i suoi parenti abitano e aprono  e chiudono società e aziende con bilanci in rosso. Interrogazione parlamentare
CESARO ph. Zangirolami, Monselice (PD) 25.10.2017, Casa in Via Adige, 5 a Megliadino San Vitale (PD), Nella Foto: in primo piano la casa di Via Adige, 5 a Megliadino San Vitale (PD)
CESARO ph. Zangirolami, Monselice (PD) 25.10.2017, Casa in Via Adige, 5 a Megliadino San Vitale (PD), Nella Foto: in primo piano la casa di Via Adige, 5 a Megliadino San Vitale (PD)
Un’anonima villetta bifamiliare nella piccola via Adige, un po’ fuori dal centro a Megliadino San Vitale. È il domicilio di Giuseppe La Rosa, 52 anni, palermitano, con alle spalle diverse “storie” di mafia. Un mese fa è stato coinvolto, perché controllore “occulto”, nell’interdittiva della prefettura di Verona alla Commercial Company srl di Legnago.


Nella villetta di Megliadino Giuseppe La Rosa non vive solo. Ma con altri quattro parenti a cui lo legano partecipazioni societarie in diverse aziende che operano nel Padovano. Società che vengono acquistate e rivendute, oppure falliscono e chiudono.


Una situazione su cui i deputati Pd Alessandro Naccarato e Giulia Narduolo hanno chiesto di vederci chiaro: «Le molteplici iniziative imprenditoriali di La Rosa, i suoi precedenti penali specifici, le sue relazioni criminali indicano il pericolo concreto di un’attività della criminalità organizzata in provincia di Padova», si legge nell’interrogazione depositata pochi giorni fa al ministro dell’Interno.


Il passato di La Rosa.
Nella partita contro la mafia Giuseppe La Rosa ha giocato su più fronti. Parente di Baldassarre Di Maggio, ha “scalato” con lui il clan dei Brusca. Quando Bernardo e Giovanni Brusca furono arrestati Di Maggio ne divenne il capo. La Rosa era un passo dietro. E assieme furono arrestati e condannati per associazione di stampo mafioso. Sempre assieme divennero collaboratori di giustizia. Collaborazione interrotta dopo qualche mese. La Rosa finisce al nord, in Veneto, a fare l’imprenditore. Ma nel 2016 viene rinviato a giudizio, per una vicenda di sospetto riciclaggio con false fatturazioni. L’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla truffa è condivisa con altre 12 persone, alcune considerate vicine alla criminalità organizzata.


Da qui nascono le nuove indagini su La Rosa. E il suo passato, secondo le indagini della Dia di Padova, sembra tornare: «La perdurante frequentazione di altri soggetti riconducibili alla criminalità anche di tipo organizzato, nonché l’originario legame, anche di tipo parentale, con Baldassarre Di Maggio, hanno fatto ritenere Giuseppe La Rosa un elemento comportante un elevato rischio di infiltrazione mafiosa nelle imprese ad esso riconducibili», si legge nell’interdittiva firmata dal prefetto di Verona Salvatore Mulas.


Le imprese di La Rosa.
Ma quali sono le imprese di La Rosa? Si inizia dalla Commercial Company, quella colpita dall’interdittiva: si occupa di commercio all’ingrosso di pellet e legna da ardere, carta e materiali per tipografie, imballaggi, prodotti per l’edilizia e falegnameria, ha un’unità locale a San Cipriello (nel Palermitano); è stata costituita nel marzo 2016 da Giuseppe La Rosa e venduta nel luglio 2016 al nipote Michele Lo Greco, uno degli occupanti della villetta di Megliadino. Nell’ultimo bilancio la società ha un utile di 2.031 euro ante-tasse ma ha accumulato debiti per 220. 258 euro. L’interdittiva è motivata dal fatto che sarebbe La Rosa a controllare ancora l’azienda, tramite il nipote.


In passato però La Rosa ha avuto il 48, 98% della Iacona Costruzioni, azienda edile con sede a Montelepre (Palermo), fallita nel 2006 con quasi 1, 5 milioni di debiti. Con lui erano soci Anna Maria Cucchiara e Francesco Iacona. Quest’ultimo è parente di Giovanni Iacona, anch’egli originario di Montelepre ma domiciliato a Sant’Elena, non lontano da Megliadino. È l’amministratore unico della Azzurra srl, società edile costituita nel 2007 da Giuseppe La Rosa, Antonio La Rosa e Provvidenza Prestigiacomo, tutti domiciliati nella villetta di via Adige, che fino al 2013 era la sede della società (poi trasferita in via Bovoline 1/bis, sempre a Megliadino). L’ultimo bilancio di Azzurra srl (2012) si è chiuso con debiti per 1, 8 milioni. La Rosa ha costituito nel 2008 anche la Glc Europe, società di commercio di combustibili per riscaldamento con sede in via Da Vinci a Este, venduta nel 2016 a Mirko Guerra. Sempre nel 2008 La Rosa fonda la Futura costruzioni, con sede in via Atheste a Este: società che poi vende agli attuali proprietari: Lucio Zanoncini, Anna Maria Cucchiara (la stessa di Iacona costruzioni) e Salvatore Madonia. Ancor prima, nel 2005, Giuseppe La Rosa, con Maria Grazia La Rosa e Provvidenza Prestigiacomo, aveva costituito un’altra società edile, la Carpe diem, fallita nel 2008.


I rifiuti e gli incendi.
Torniamo all’inizio della storia: la prefettura di Verona blocca la Commercial Company perché crede che Giuseppe La Rosa la controlli per tramite del nipote Michele Lo Greco. Ma quest’ultimo è proprietario anche di altre società. Come la R. M. trasporti srl, che ha sede in via Bovoline 1 bis a Megliadino. Lo stesso indirizzo dove c’era un’unità locale la F. lli Nalin Snc Di Sergio-Stefano & C., azienda che si occupa di raccolta, trattamento e smaltimento di rifiuti, con sede a Este (via Rana Ca’ Mori). L’unità locale è poi stata trasferita in via dell’artigianato 25 a Megliadino, dove c’era lo stabilimento dell’azienda, distrutto da un incendio il 28 luglio 2012. Dopo l’incendio l’azienda non si è più ripresa: nel giugno 2016 è fallita e nell’aprile di quest’anno è stata rilevata dalla Bigaran srl. Evidentemente una maledizione, perché anche la Bigaran (di S. Biagio di Callalta, nella Marca) è stata colpita da due incendi nel febbraio 2014.


La richiesta di indagini.
«A Megliadino si è insediato un gruppo di persone, tra le quali il pregiudicato Giuseppe La Rosa, che ha dato vita a diverse attività imprenditoriali, collegate tra loro dalle sedi e dagli assetti proprietari, nei settori dell’edilizia e dei trasporti. Molte attività risultano in perdita e alcune sono fallite. Sulla base di tali elementi è necessario indagare a fondo sulla natura e sulle modalità gestionali delle imprese coinvolte», è la sintesi (finita sul tavolo del ministero) di Alessandro Naccarato, parlamentare padovano della commissione anti-mafia.


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