Il Bo assolve Andrisani, Litta nel limbo

Alessandra Andrisani “assolta” dall’Università: la ginecologa, da novembre scorso a capo del Centro di Procreazione medicalmente assistita dell’Azienda ospedaliera di Padova, era finita sotto indagine insieme al collega Pietro Litta, in seguito a un servizio della trasmissione televisiva Petrolio. Le immagini la ritraevano a colloquio con una paziente interessata alla procreazione assistita, con cui alla fine viene pattuito un pagamento in nero, senza fattura. I filmati lasciavano intendere che la proposta fosse partita da Andrisani, ma la situazione era apparsa da subito meno grave di quanto la trasmissione lasciasse intendere.
Già da fine gennaio (il caso è emerso a metà mese) la dottoressa era tornata sul posto di lavoro, e ora anche l’ateneo ha dato il benestare per l’archiviazione del procedimento disciplinare a suo carico. Questo, pare, dopo aver potuto visionare per intero il filmato televisivo, che come spesso accade era andato in onda solo in parte: la visione integrale del video, infatti, avrebbe chiarito una situazione più complessa, dove le discussione si era protratta a lungo e forse (il video non può essere divulgato) la proposta non era nemmeno partita da lei. Fatto sta che, dopo aver avuto i filmati integrali, l’Università ha deciso per l’“assoluzione”: la delibera riguardante il procedimento disciplinare è stata approvata martedì scorso dal Consiglio di amministrazione del Bo e, per quanto riguarda l’Università, mette un punto definitivo sulla questione.
Diverso il caso del collega Pietro Litta, la cui situazione è più compromessa e sul quale l’ateneo ha ancora circa tre mesi per prendere una decisione. Le riprese della Rai mostrano Litta (che è professore associato dell’Università e responsabile dell’Unità di Chirurgia pelvica mini-invasiva della Clinica di Ginecologia e Ostetricia dell’Azienda ospedaliera) alle prese con una “finta paziente” (in realtà è una giornalista in incognito), cui propone il pagamento di una mazzetta, dai mille ai duemila euro, per saltare la lista d’attesa per un intervento di chiusura delle tube. Difficile ipotizzare la concussione, perché non si è concretizzato nulla. Rimane, però, l’accusa di peculato: Litta, nel video, incassa 250 euro in nero per una visita in regime di libera professione, evitando il pagamento sui canali dell’amministrazione ospedaliera.
Al momento il medico è sospeso dall’attività ospedaliera, ma non da quella universitaria: è possibile che da qui a un paio di mesi arrivi una sospensione cautelativa (che è già considerato un provvedimento molto pesante). La ratio, con ogni probabilità, è che prima di muovere un passo decisivo l’ateneo attenda che la Giustizia faccia il suo corso: prima di “condannare” o “assolvere”, insomma, forse è stato ritenuto più opportuno aspettare una sentenza, lasciando alla Magistratura il compito di giudicare almeno sull’effettiva colpevolezza. Poi l’Università giudicherà, di conseguenza, la responsabilità morale e il danno all’immagine dell’istituzione.
Silvia Quaranta
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