Il commento: il calcio senza speranza

Cosa c’è dietro le ultime due inchieste, quella sul possibile “cartello” dei diritti tv e l’ennesimo scandalo scommesse: un mondo senza speranza, specchio convesso che amplifica il peggio di quel che c’è fuori perché dentro nessuno sorveglia. Anzi, i controllori sono i controllati
Il presidente della Lazio, Claudio Lotito (S), con Carlo Tavecchio, candidato alla presidenza della Federcalcio, durante la presentazione del calendario del campionato di calcio Serie A 2014-2015, Milano, 28 luglio 2014..Ss Lazio's president Claudio Lotito (L) with Carlo Tavecchio, candidate for president of the Italian Football Association, during the presentation of the schedule of the soccer league Serie A 2014-2015 in Milan, Italy, 28 July 2014..ANSA/DANIEL DAL ZENNARO
Il presidente della Lazio, Claudio Lotito (S), con Carlo Tavecchio, candidato alla presidenza della Federcalcio, durante la presentazione del calendario del campionato di calcio Serie A 2014-2015, Milano, 28 luglio 2014..Ss Lazio's president Claudio Lotito (L) with Carlo Tavecchio, candidate for president of the Italian Football Association, during the presentation of the schedule of the soccer league Serie A 2014-2015 in Milan, Italy, 28 July 2014..ANSA/DANIEL DAL ZENNARO

È un mondo senza speranza, quello del calcio, specchio convesso che amplifica il peggio di quel che c’è fuori, perché dentro nessuno sorveglia al di là del minimo della decenza, e certe volte neppure quello. E anche perché chi dovrebbe controllare è lo stesso controllato, quasi tutta gente senza limiti e pudori. Altrimenti non si spiegherebbero le uscite di uno come Claudio Lotito, riedizione moderna del romanesco marchese del Grillo. È lui che in qualche modo dà il via all’inchiesta con una fra le plurime intercettazioni indecenti che lo vedono protagonista, quando dice di aver «fatto parlare Murdoch e Berlusconi» e aver «portato in cassa 1,2 miliardi di euro». Chi ha un po’ di memoria non farà fatica a ricordare di come si fosse aperto un contenzioso, con Sky che alle buste si era aggiudicata i principali pacchetti di offerte e Mediaset pronta al ricorso. Si era a ridosso del torneo e lo stallo fu risolto con qualcosa che più che un accordo pareva un “prendere o lasciare”.

Purtroppo il calcio è anche una fra le prime dieci industrie del Paese e continua a mettere in fila debiti e brutte figure che non scalfiscono neanche un po’ le coscienze. Quali speranze possono esserci se il capitano della Nazionale Gigi Buffon, che certo non è il solo a pensarla così, non ha mai rinnegato la frase «certe volte meglio due feriti che un morto» relativa agli accordicchi dei finali di campionato, quando un pari va bene a entrambe le squadre e nessuno supera la trequarti. Quali speranze possono esserci se, a fine stagione, squadre con una media di un punto a partita vincono le ultime tre. Qui nessuno si stupisce neanche quando chi fa gol esulta da solo fra compagni dallo sguardo torvo per qualcosa che altro non può essere che un accordo saltato in extremis.

Quali speranze possono esserci se, con megainchieste già aperte su partite truccate, meno di un anno fa si è deciso di dare il via libera alle scommesse anche in serie D. Una scelta che può essere attribuita solo a complici o incapaci perché l’indurre in tentazione, quando i compensi non ci sono o sono così bassi, può diventare anche liberazione dalla miseria. O, peggio ancora, dall’incubo di vederci finire di mezzo mogli e figli, visto che a menar le danze ci sono fior di organizzazioni criminali.

Certo, ora ci fanno vedere autoreti fantozziane, portieri che subiscono gol che neanche cinquantenni panzoni con il cappotto addosso riuscirebbero a prendere. E anche seconde ammonizioni prese solo per lasciare la squadra in dieci e lavarsi la coscienza. Ma il vero dramma, per non dir tragedia, è che non c’è proprio niente di cui sorprendersi sulle due nuove bufere che hanno investito il calcio. Non sono purtroppo le prime e non saranno le ultime. Perché è un mondo che vive al di sopra delle proprie possibilità e conta sul fatto che il flusso di soldi anche per l’erario è così alto che interromperlo non conviene.

È un mondo dove i guardiani dello scempio non hanno un minimo di vergogna. Il numero uno della federazione, Carlo Tavecchio, squalificato dall’Uefa per razzismo, è un re travicello e il calcio in realtà è in mano a personaggi che reggono gli interessi dei principali finanziatori, quelli di indefiniti e per certi versi sovradimensionati flussi di denaro dei diritti tv. C’è Claudio Lotito, quello che non voleva Frosinone e Carpi in Serie A «perché nun valgono un cazzo», che fa il bello e il cattivo tempo, fa spostare il derby romano perché a ridosso della finale di coppa Italia dove c’è la sua squadra, che si fa mettere al riparo da querele di altri tesserati e fa autorizzare le proprie anche se fuori dalle regole. C’è uno dei vice presidenti, Mario Macalli, capo della LegaPro, che è stato squalificato per sei mesi per una brutta storia legata a una società fatta fallire il cui posto è stato poi preso da un’altra per la quale lui stesso aveva registrato il marchio.

Per non parlare poi di Felice Belloli, una specie di Cetto Laqualunque che fa il presidente della Lega dilettanti definendo il calcio femminile roba da «quattro lesbiche». Insomma, siamo alla realtà che supera in un colpo solo fantasia e satira. Solo che non c’è proprio niente da ridere.

twitter: @s_tamburini

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