Il crac Parmalat in un film-denuncia Ecco «Il gioiellino»

Toni Servillo e Remo Girone i due protagonisti de «Il gioiellino»
VENEZIA.
«Se i soldi non ci sono, inventiamoceli». E' il brocardo di matrice neo-capitalista che campeggia sulla locandina del nuovo film di Andrea Molaioli, «Il gioiellino», ispirato al più grande scandalo economico europeo, il crac Parmalat e il suo buco da 14 miliardi di euro: un eclatante caso di bancarotta fraudolenta e aggiotaggio scoperto solo alla fine del 2003, che ha messo in ginocchio 100.000 risparmiatori. Nel film, l'azienda-gioellino creata da Amanzio Rastelli (fuor di metafora patron Callisto Tanzi, interpretato da Remo Girone) si chiama Leda e proprio come Parmalat produce latte. Nel feudo di famiglia, il figlio e la nipote del padre-padrone sono affiancati da un management inadeguato per affrontare le sfide dell'economia globale e della finanza strutturata. Ernesto Botta (ogni riferimento a Fausto Tonna, ex direttore finanziario di Parmalat, non è puramente casuale) è il ragioniere che, nella totale assenza di controlli istituzionali, con la correità del ceto bancario e politico, riesce a costruire un castello di bond-spazzatura, inventandosi il denaro là dove non c'era, occultando una emorragia di capitali sempre più grave e sempre più insostenibile, nonostante i pervicaci tentativi di ingannare, brandendo l'illusione di tardivi progetti di ristrutturazione aziendale. Il secondo lungometraggio di Andrea Molaioli, attesissimo dopo i 10 David di Donatello de «La ragazza del lago», non è un film-denuncia, una pellicola d'inchiesta militante in stile americano. E' un racconto sul grande inganno perpetrato da una famiglia di imprenditori della sonnacchiosa provincia italiana che, d'un tratto, si corrompe e avvelena tutto ciò che c'è intorno. Pur con toni sommessi, «Il gioiellino» è anche una fotografia del dissesto etico e morale che ha permesso a quell'imbroglio di germogliare, di crescere annaffiato dalle tossine della finanzia derivata e di espandersi grazie a ratings artefatti. Ma soprattutto grazie all'appoggio delle banche e dei politici, le prime disponibili a finanziare il gruppo e a collocare i bond con estrema disinvoltura, i secondi pronti a ungere gli ingranaggi con l'olio del voto di scambio. Molaioli, dopo avergli cucito addosso il ruolo di un ispettore di polizia ne «La ragazza del lago», si affida ancora una volta a Toni Servillo per la parte di Botta/Tonna, faccendiere acido che non parla l'inglese, che sbraita in dialetto i suoi insulti contro i banchieri americani e incarna la figura del manager provinciale ossessionato dall'azienda. Il finale de «Il gioiellino» rimane aperto: come se le nefandezze di quell sistema capitalistico fossero in grado di rigenerarsi dalle proprie ceneri, nonostante gli arresti, i processi e le pene.
A Venezia al Giorgione, a Mestre al Multisala Excelsior, a Marcon (Cinemas); a Padova all'Astra e al Cinecity di Limena; a Treviso al Multisala Edera e al Cinecity di Silea.
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