«Il gesto di altruismo di mia moglie mi ha salvato la vita»

PADOVA. Tutto è iniziato con un gesto d’amore di una moglie verso il marito che poi è maturato in un gesto di solidarietà, puro altruismo verso uno sconosciuto. Roberta ha deciso di donare un rene al marito Massimo, in dialisi. L’iniziale compatibilità dell’organo però viene meno: Massimo sviluppa degli anticorpi che rendono estremamente rischioso il trapianto del rene della moglie. E l’uomo finisce in coda alla lunghissima lista d’attesa - tre anni almeno - per ricevere l’organo da donatore deceduto.

È a questo punto che entra in gioco il Centro regionale Trapianti del Veneto - che ha sede in Azienda ospedaliera a Padova ed è diretto dal dottor Giuseppe Feltrin - e l’equipe del professor Paolo Rigotti e della dottoressa Lucrezia Furian. Massimo Gilardoni e la moglie Roberta, che vivono con i due figli a San Fedele Intelvi nel Comasco, una volta rivelata l’incompatibilità per la donazione all’ospedale di Pavia, decidono di rivolgersi al Centro Trapianti padovano. «Perché sono i numeri uno in Italia» dirà poi Massimo. E a ragione.
L’ultima spiaggia, la speranza ormai ridotta al lumicino di riuscire a “saltare” la maledetta lista d’attesa a Padova diventa realtà. Massimo e Roberta, entrambi 53 anni, hanno le caratteristiche per rientrare nell’innovativo programma - primo caso al mondo - di catena samaritana di donazione di organi a partire da donatore deceduto (Dec-K). Massimo riceve il rene prelevato da un uomo deceduto, a sua volta la moglie Roberta dona il suo rene a una terza persona in lista d’attesa. Non sa chi è e non lo saprà mai. È qui che l’amore per il marito diventa amore e basta. «È la cosa più bella che ho fatto, non si deve avere paura di donare, è un gesto che riempie la vita di chi lo fa» ha detto ieri Roberta, operata venerdì scorso e già pienamente attiva, alle telecamere di Rai Due dove era ospite con il professor Rigotti della trasmissione “I fatti vostri”. Massimo, invece, viene dimesso oggi, a una settimana esatta dal trapianto: «Sto bene e sono contento» racconta abbracciando stretta la dottoressa Furian - “il mio angelo” - «mia moglie ha fatto una cosa meravigliosa e quando ha dovuto decidere se donare a uno sconosciuto invece che a me non ha avuto alcuna esitazione». «Il programma Dec-K» spiega Furian, «ha richiesto anni di lavoro: l’obiettivo, perseguito e raggiunto grazie alla collaborazione del professore di Economia dell’Università di Padova Antonio Nicolò che ha messo a punto l’algoritmo che misura l’efficacia della procedura, era quello di individuare catene di donazioni il più lunghe possibili. Ma abbiamo affrontato anche una impegnativa valutazione del Comitato di Bioetica regionale».
«In Italia i donatori samaritani sono stati 5 in tutto finora, di cui due in Veneto» sottolinea Feltrin, «il programma Dec-K ha come obiettivo quello di colmare il gap fra domanda e offerta di cura, dando luogo a una catena di trapianti unendo la donazione da cadavere con quella da vivente che finora avevano viaggiato su binari separati. In Veneto ci sono 1.295 persone in attesa di trapianto, di cui 900 per rene, 300 delle quali a Padova. Chi decide di donare» precisa il direttore del Centro Trapianti del Veneto, «viene sottoposto alla valutazione di una commissione terza regionale e poi deve ottenere il via libera del giudice. Deve esserci la massima consapevolezza di ciò che si fa». Le maglie strette delle verifiche servono anche a scongiurare la compravendita di organi, assolutamente vietata in Italia.
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