Il Lido chiama, la Cina risponde

Aumenta la presenza asiatica al Venice Film Market

Il Venice Film Market ha portato a termine la terza edizione di un mercato del film che a Venezia, in anni diversi, non ha mai superato le due edizioni. Pascal Diot, direttore del market veneziano, di quello di Dubai e di molti altri festival mondiali, non ha dubbi: «Siamo cresciuti, pur di poco, che nel calo complessivo di festival e di mercati come Cannes e Berlino, è un grande risultato».

Una cinquantina di paesi presenti, 1500 professionisti accreditati e 15 film venduti, quasi un terzo della selezione ufficiale. Ma, al di là dei dati positivi, quale può essere il futuro per un mercato a Venezia? «Occorre trovare la giusta dimensione per un mercato veneziano. Bisogna considerare la forma di questo festival, tutto racchiuso in poche centinaia di metri. Ciò permette incontri più dilatati, meno compressi nei venti minuti di Cannes». Inoltre la formula del market veneziano prevede panel, focus on di approfondimento sulle diverse realtà nazionali, ma anche la creazioni di legami con le diverse film commission, italiane ed estere, con produttori nazionali. Vi sono state inoltre due iniziative importanti, come l’European Gap Financing coproduction – che ha consentito a quindici progetti che avevano già la copertura del 70% di reperire tutto o parte del restante 30%, e la seconda edizione del workshop “Final cut in Venice” che supporta la postproduzione di film provenienti da Africa, Libano, Palestina, Siria e Giordania.

Quanto alla partecipazione, la nazionalità degli operatori è sostanzialmente europea e sudamericana (con prevalenza brasiliana e argentina), ma c’è anche molta Asia, con molti operatori di Pechino e Shangai.

Michele Gottardi

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