Il Museo Antoniano, prezioso scrigno dei cambiamenti della basilica

PADOVA. Tra i luoghi più sconosciuti del complesso di Sant’Antonio, il Museo Antoniano raccoglie e documenta la storia del gusto, dei cambiamenti e dei vari manufatti realizzati per la basilica e successivamente dismessi, ma conservati per la loro qualità.

Non desta meraviglia dunque trovare affreschi di gusto giottesco, provenienti da una antica Crocifissione, contigua a quella prima cappella radiale di destra, oggi “delle Benedizioni”, ma un tempo di proprietà Scrovegni; seguendo il filo cronologico, ritroviamo la possente immagine di Antonio che accoglieva i fedeli al loro ingresso in basilica; le sculture dell’antico altare della cappella di San Giacomo, nel transetto di destra della basilica; la lunetta affrescata da Andrea Mantegna per la porta centrale della chiesa; pannelli intarsiati con vedute prospettiche destinati in origine all’arredo della sacrestia; una sinopia di Tiziano, rinvenuta sotto gli affreschi della Scoletta del Santo; ancora paramenti sacri di pregio tessuti e ricamati con fili d’oro e d’argento, dal Quattrocento in avanti; dipinti su tavola e tela; grandi incensieri di gusto tardogotico e preziosi reliquiari in cui il cristallo di rocca è inserito entro montature a grifoni e foglie di acanto di gusto rinascimentale.
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Di immediata evidenza visiva è la “sfilata” delle sette pale d’altare della prima metà del Settecento. Negli anni Trenta di quel secolo la Veneranda Arca, nel suo secolare compito di provvedere alla cura della basilica, commissionò a sette pittori veneti o attivi anche per questo ambito geografico, altrettante pale d’altare, allo scopo di rinnovare le cappelle radiali, la cui decorazione medievale era ormai andata perduta.

Quando, alla fine dell’Ottocento, nuovamente la Veneranda Arca decise di affidare un ultimo restyling della basilica a Camillo Boito, le pale furono tolte dai rispettivi vani e oggi ci mostrano la smagliante chiarità di Giambattista Tiepolo, l’impalpabile eleganza di Giovanni Antonio Pellegrini, l’enfasi teatrale di Giambattista Pittoni, gli sbattimenti di luce di Giambattista Piazzetta, accanto al gusto neo-veronesiano del lombardo Giacomo Ceruti e a quello classicista del veronese Pietro Rotari.

L’allestimento attuale del Museo risale al 1985, ed è quindi abbastanza recente, ma la sua istituzione risale al 1895, quando appunto la basilica fu interessata a importanti lavori di rinnovamento interno. In quel momento, in linea con la sensibilità culturale ottocentesca che a Padova aveva visto, una quarantina d’anni prima, l’istituzione del Museo Civico della città, il Museo Antoniano fu aperto in alcuni locali contigui, sottostanti la Biblioteca Antoniana, esattamente a fianco del complesso civico Museo-Biblioteca-Archivio, poi suddiviso, nel corso del Novecento, nelle sedi attuali.

Così il chiostro dei Carri, il più appartato, il meno frequentato della basilica, oggi, con la presenza del Museo Antoniano e dei nuovi recenti spazi da poco riallestiti e del Centro Studi Antoniani, insieme alla contiguità con la Pontificia Biblioteca Antoniana, documenta, mantiene e valorizza l’alto profilo culturale e artistico sempre perpetuato nella basilica e in quanto per essa è stato, nei secoli, predisposto. —
*presidente della Veneranda Arca di Sant’Antonio
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