Il padovano che fa barba e capelli al cinema

L’Academy assegna a Marco Revelant il premio per gli effetti speciali, per il software realizzato alla neozelandese Weta

PADOVA. Te ne vai dall’Italia per fare l’unghia di un dinosauro di Jurassic Park? Questo dicevano a Marco Revelant quando da Milano nel 2003 lasciò la Ubik, società di effetti visivi, per andare in Nuova Zelanda alla Weta Digital di Peter Jackson. Oggi, grazie a un software che permette di manipolare capelli, barba, pelo dei personaggi creati digitalmente, Revelant ha ricevuto dall’Academy uno Sci-Tech Award. Un riconoscimento che Marco, nato a Padova, nel 1969, ha avuto il 7 febbraio, a Los Angeles, a Beverly Hills, nella notte di consegna dei Sci-Tech Achievements con cui l’Academy premia i progressi tecnologici compiuti nell’ambito del cinema.

E pensare che doveva fare l’avvocato e che questa sua passione, legata a sperimentare la creazione in 3D, l’aveva alimentata da adolescente, trascorrendo i pomeriggi davanti al computer e sui videogiochi.

Una carriera, quella di Revelant, cHahe l’ha condotto alla Weta prima come 3D modeler - prima esperienza con “Il ritorno del re”, terzo film di “Il Signore degli Anelli” - e che poi l’ha fatto diventare models supervisor, passando per film come “I-Robot”, “King Kong”, “Un ponte per Terabithia”, “Tintin”, “Avatar”. A festeggiare insieme a Revelant a Los Angeles c’erano la moglie e le figlie.

La procedura per l’assegnazione del premio è iniziata a luglio quando la Weta ha sottoposto il suo sistema, il Barbershop grooming system, all’Academy. L’Academy se ritiene l’argomento indagabile, procede, e apre la possibilità, a chi ha sistemi simili, di presentarli per metterli a confronto attraverso una submission. A quel punto valuta tutti i sistemi arrivati per stabilire che ci sia un grado di novità tale da giustificare un premio. Ad agosto, a questo scopo, sono state fatte una serie di interviste al team, che è volato anche a Los Angeles per dimostrarlo praticamente. «Può succedere che trovino un lavoro migliore, che tutti usino lo stesso sistema, o che rimandino la decisione di un anno. Rispetto all’ufficialità della notizia, pubblicata il 15 gennaio sul sito degli Oscar, noi l’abbiamo saputo la sera prima via mail e poi con una comunicazione ufficiale in lettera».

Ventuno i premi assegnati, consegnati individualmente ai team, con premiazione quest’anno di 58 persone: «Come Weta avevamo indicato altre 3-4 persone, ma poi solo l’Academy stabilisce chi ha partecipato più attivamente al progetto». Così Revelant ha ricevuto “the certificate” per la creatività dell'idea e del concetto visivo, e Alasdair Coull e Shane Cooper, i suoi colleghi, per il lavoro sull’architettura del software.

Un software, quello creato, che permette: «Una manipolazione diretta dei capelli, dei peli in generale, che precedenti software gestivano attraverso l’immissione di valori in grafici di sistemi procedurali o semi procedurali. Prima si lavorava su un campione di capelli e quando si faceva il rendering il computer, se lavoravi su 4 e poi ne richiedevi 100, andava a riprodurre le stesse condizioni sugli altri 96, attraverso un'interpolazione. Con il Barbershop grooming system ogni singolo capello può essere scolpito dall’artista che ha il controllo totale di ogni singola fibra e la può modificare come vuole».

Fino ad “Avatar” anche Weta usava il sistema precedente, mentre, nel 2008, utilizza il nuovo da “Il pianeta delle Scimmie (Planet of the Apes)”. «Abbiamo dato all’utente degli strumenti “più naturali“, forbici per tagliare i capelli, o una spazzola, che vengono usati, vedendo solo un sistema di manipolazione tipo Mudbox o Zbrush e non percependo la parte tecnica, ma solo quella stilistica e creativa».

E mentre la Weta sta lavorando all’estending edition degli “Hobbit”, a “The Fantastic Four”, “Batman v Superman” e “The Maze Runner: Scorch Trials”, si può di certo dire che un nuovo livello di realismo è stato raggiunto al cinema grazie a questo lavoro di cui anche i massimi esperti hanno riconosciuto il tasso di innovazione.

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