Il pm chiede 16 anni per due trafficanti

Vigonza. L’operazione “Fiore reciso” si avvia al traguardo finale con la richiesta di condanna formulata ieri nei confronti di tre imputati dal pm Benedetto Roberti che, lo scorso anno, aveva messo ko un’organizzazione attiva tra il Padovano, il Veronese e San Giovanni in Fiore in Calabria (da qui il nome del l’inchiesta) dove operano alcune ’ndrine (l’unità di base della ’ndrangheta, spesso coincidente con un clan familiare). ’Ndrine che, lì si fanno la guerra e altrove, come in Veneto, concludono alleanze in base a quanto emerso dall’indagine padovana. Sul banco degli imputati due calabresi, al vertice del gruppo criminale, e un artigiano veneziano che il 22 gennaio 2018 erano finiti in manette con una decina di persone. Al termine di un giudizio abbreviato che, per legge, prevede lo sconto di un terzo della pena, il pm ha chiesto 6 anni e 8 mesi di carcere per Antonio Bartucca, 50 anni calabrese di San Giovanni in Fiore con residenza a Vigonza in via Marco Polo 31 (difeso dal legale Fortunato) e per Giovanni Spadafora, 46 anni, calabrese residente a Vigonza in via Regia 55 (difeso dalla penalista Paola Rubini), ritenuto “uomo di fiducia della cosca sul territorio padovano; 2 anni e 8 mesi per un gelataio di Dolo, Nicola Girina, 40 anni (difensore l’avvocato Andrea Levorato). I primi due sono chiamati a rispondere di associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio, alle false fatturazioni e al traffico di droga; mentre al veneziano il pm ha alleggerito la contestazione nella detenzione di stupefacente in modica quantità. La droga produce notevoli guadagni tanto da consentire alla banda la produzione di una grossa liquidità reinvestita nell’acquisto di stupefacenti, in parte venduti nella gelateria di Dolo, base per smerciare in Riviera del Brenta. Le fatture false per operazioni inesistenti, “scontate” grazie ai servizi di due funzionari di banca (un direttore e un cassiere dell’ex Banca popolare di Vicenza operativi all’epoca dei fatti nella filiale di Busa di Vigonza, ora entrambi a processo) era il meccanismo attraverso il quale veniva creata altra liquidità, un fiume di soldi investito nel traffico di droga, cocaina, hashish e marijuana “a chilometro zero”, queste ultime coltivate in Calabria e dal meridione trasferite al Nord. L’8 maggio parola ai difensori poi la sentenza affidata al gup Claudio Marassi. —
CRI.GEN.
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