Il poliziotto sindacalista Fanelli è stato sospeso dal servizio

Già segretario provinciale del Coisp, è imputato di corruzione e falso ideologico  Sospettato di aver ricevuto mazzette in cambio di permessi di soggiorno



Sospeso dal servizio. Con un provvedimento sia pure non definitivo che prevede la decurtazione dello stipendio. La procura ha chiesto di mandarlo a processo al termine dell’inchiesta su mazzette e permessi facili gestiti dal (vecchio) Ufficio Immigrazione della questura.

E il capo della Polizia, Franco Gabrielli, ha “congelato” la posizione del poliziotto Fausto Fanelli, 51anni, già operativo nell’Ufficio al centro dello scandalo smascherato dalla Squadra mobile della stessa questura padovana, ufficializzando la decisione nel giorno della sua visita a in città. Un segnale forte per affermare che chi è tenuto a far osservare le leggi deve rispettarle per primo. Anche se – è chiaro – ancora non c’è una sentenza.

La sospensione

Fanelli non era un poliziotto qualsiasi. Per anni è stato la voce, oltreché il segretario provinciale del Coisp, il sindacato di polizia noto come Coordinamento per l’indipendenza sindacale delle forze di Polizia. «Vi prego, lasciatemi stare, sono un uomo distrutto», si era sfogato quando il suo nominativo aveva cominciato a circolare tra quello degli indagati che avrebbero incassato soldi in cambio della distribuzione di permessi di soggiorno anche se mancavano tutti i requisiti previsti dalle legge. Alcuni colleghi (come dei professionisti) sono usciti di scena prima della chiusura indagini: è stato il pm Sergio Dini a sollecitare l’archiviazione delle accuse nei loro confronti. Per Fanelli è andata diversamente. E ora rischia il processo con il collega Renzo Dalla Costa, 51enne di Campo San Martino, già condannato a 5 anni e 6 mesi lo scorso aprile per aver incassato una mazzetta di 200 mila euro.

Rischiano il processo

Ieri è slittata al 2 ottobre l’udienza preliminare davanti al gup Domenica Gambardella, chiamata a pronunciarsi sulla richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di Fanelli, Dalla Costa, dei consulenti del lavoro Denis Costa di Campodarsego, Franco Menegon e Cristiano Sachs di Padova con la collaboratrice Marta Fassina di Vigonza; del macedone Feta Seferi di Camposampiero, della moldava Diana Curjos di Ponte San Nicolò e dei cinesi Fang Xu, Xinmiao Chen e Xiaoling Hu. Secondo l’accusa, da una parte i consulenti del lavoro, i collaboratori e mediatori stranieri avrebbero fornito falsi certificati di residenza o buste paga (sempre false) per attestare rapporti di lavoro subordinato che, in realtà, non esistevano, dall’altra i due poliziotti avrebbero regolarizzato le pratiche di fronte a quella documentazione che ben sapevano falsa. In cambio di soldi. —



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