Il primato del Sant'Antonio: è l'ospedale con più morti per infarto
PADOVA. Il posto di vertice nella lista nera degli ospedali italiani per numero di morti di infarto spetta al Sant’Antonio di Padova. Un triste primato che però, secondo la direzione dell’Usl 16, si fonderebbe su un equivoco nei dati raccolti. La valutazione, stilata dall’Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali), si basa sul numero di decessi nei 30 giorni successivi al ricovero per “ima”, infarto miocardico acuto. «A.ge.nas.» si legge nel report dell’agenzia «ha selezionato tutte le strutture che nel 2012 avevano una mortalità a 30 giorni dal ricovero molto superiore o inferiore all’atteso, in base alla storia naturale della patologia ischemica cardiaca. In particolare, sono state individuate 17 strutture con una mortalità inferiore al 4% e 16 strutture con una mortalità superiore al 17%».
In cima alla black list c’è proprio il Sant’Antonio, con il relativi dati: 75 decessi nel 2013, con un “rischio grezzo” di passare a miglior vita pari al 41,33%. L’agenzia ha invitato le strutture individuate ad avviare un «processo di verifica della qualità dei dati», per valutare l’eventuale rischio di «misclassificazione, rispetto ai criteri definiti nei protocolli degli indicatori, delle diagnosi utilizzate nella selezione dei ricoveri, delle variabili utilizzate nei modelli di aggiustamento e dei criteri utilizzati per la misura dell’esito. A ognuna delle strutture invitate a partecipare al processo di verifica» precisa inoltre l’agenzia «è stato inviato l’elenco dei casi selezionati nell’indicatore “Mortalità a 30 giorni da un ricovero per infarto acuto del miocardio” per gli opportuni controlli».
I dati sono stati pubblicati online il 20 ottobre di quest’anno, ma la sanità padovana ne era già a conoscenza: «Erano stati presentati nel corso di un congresso» spiega Urbano Brazzale, direttore generale dell’Usl 16 «e naturalmente avevamo avviato delle procedure per rivedere tutta la casistica in esame, per fare luce su questo giudizio molto negativo. Dalle verifiche è emerso che c’è stata semplicemente una comunicazione erronea sulla formulazione della diagnosi di morte: rivedendo la casistica ci siamo accorti che tutti questi “arresti cardiaci” erano conseguenza di patologie diverse, non solo di infarto». In poche parole, per una sorta di semplificazione burocratica, i decessi del Sant’Antonio sono stati catalogati per lo più come “arresti cardiaci”, ma una descrizione più accurata avrebbe rivelato che le cause erano diverse. «Abbiamo già richiamato la struttura ad una diagnosi corretta» conclude Brazzale «ed è quindi molto probabile che le valutazioni relative al 2014 saranno più favorevoli».
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