Il San Lorenzo restaurato Tiziano ritrova il suo fuoco

Salvata la pala della chiesa dei Gesuiti a Venezia. Ora esposta ad Alba

di Fausto Politino

DA ALBA

Ìl Martirio di San Lorenzo di Tiziano, appartenente alla chiesa dei Gesuiti a Venezia, è stato oggetto di un lungo e complesso restauro sotto la direzione scientifica di Lionello Puppi. Restauro condotto dal laboratorio Nicola di Aramengo, d’accordo con la stessa Compagnia di Gesù, sotto il controllo della Soprintendenza al Polo Museale di Venezia. A Claudia Cremonini è stata affidata la direzione dei lavori affiancata dalla restauratrice Gloria Tranquilli. Quadro che lo studioso giudica «come uno dei più stupefacenti notturni dell’arte di ogni tempo» che ha frantumato le certezze del classicismo, sovvertendole sia dal punto di vista linguistico che formale, «attraverso un processo di magica alchimia cromatica». Dalle accurate indagini strumentali non invasive a luce ultravioletta, all’infrarosso digitale, il capolavoro si presentava in cattive condizioni. Confermando il già noto stato di sofferenza. Anche a causa dei pessimi interventi effettuati nel 1959. Alla solita patina di fuliggine depositata dal tempo che aveva compromesso la vivacità dei colori voluti dall’artista, l’analisi metteva in risalto alcune parti mancanti del materiale pittorico. La lacerazione della tela in alcune zone. Quindi numerose macchie, ingiallimenti, ossidazioni, colature e prosciughi.

Il dipinto salvato dal degrado, prima di tornare al luogo d’origine, si può ammirare ad Alba, nel cuore del capoluogo delle Langhe, fino a dicembre 2012 nella sede della Banca di Credito Cooperativo che ha sostenuto tutte le spese dell’importante e complesso restauro nel nome di San Lorenzo patrono della città. La pala d’altare, alta quasi cinque metri per 2.80, documenta un cambiamento nella pittura di Tiziano, nell’impostazione e nelle preferenze cromatiche. Pala che fu commissionata all’artista cadorino nel 1546 da Lorenzo Massolo, appartenente ad una antica famiglia patrizia lagunare, per adornare la propria cappella funeraria nella chiesa dei Crociferi a Cannaregio, abbattuta poi nel 1715. Tiziano la consegna dopo dodici anni, a causa dei tanti impegni e per il tormento esecutivo, avendoci lavorato dalla primavera del 1546 all’inverno del 1558, quando il committente è ormai morto. Il quadro rimane nella chiesa vicino all’altra grande tela, l’Assunzione di Maria, del suo rivale artistico Tintoretto. Il sacrificio di San Lorenzo, avvenuto realmente a Roma il 10 agosto del 258, è immerso in una visione notturna. Lo sfondo rimanda all’architettura classicheggiante del Sansovino che si era rifugiato a Venezia dopo il sacco di Roma del 1527. C’è molta teatralità nella rappresentazione. La scena è violenta, piena di tensione, spettrale. L’iconografia è incerta, sgranata. Il martire è inchiodato dai carnefici sulla graticola. Con il volto rassegnato accetta il proprio destino anche se solleva in alto il braccio sinistro come a chiedere al cielo un aiuto che non può arrivare. I carboni ardenti che arroventano il giaciglio e i bagliori di fuoco, tagliano il buio opprimente. Ne rimane colpito lo stesso Filippo II, avvertito da . suoi ambasciatori, a tal punto da chiederne una replica per l’altare maggiore della chiesa del monastero di El Escorial. Certamente l’opera caratterizza la fase finale del lungo periodo veneziano di Tiziano, per la presenza di grandi pale d’altare dall’evidente impianto scenografico. Le novità del suo procedere pittorico sollevano polemiche nella Venezia artistica della seconda metà del ’500. In particolare Tintoretto gli rimprovera l’eccessivo uso di tonalità scure. Ma lo fa per mirati interessi di bottega. Tiziano da cinquant’anni domina la scena artistica lagunare. Tintoretto difende con le unghie e coi i denti lo spazio che si sta conquistando con le prime importanti committenze che gli arrivano dalla Repubblica Serenissima.

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