Il sindaco Giordani: «Altri 2 milioni per il sociale. Ma basta con la propaganda sulla sicurezza in città»
Il sindaco Giordani affronta la questione politica, dopo la polemica sulle zone rosse «Bene i controlli in più, ma in stazione ci vado spesso la sera e non ci sono pericoli»
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«Sono andato più di qualche volta in giro la sera in stazione, a passeggio con il mio cane. Parlo spesso con i volontari e gli agenti, la situazione non mi è mi è mai parsa pericolosa. Adesso ci sono più controlli e mi va bene. L’importante è che non si danneggi l’immagine della città, facendola apparire come insicura. Su questo sono pronto ad arrabbiarmi». È un Sergio Giordani inedito quello che riflette sulle zone ad alto impatto (o meglio le “zone rosse”, come sono state definite nel linguaggio comune), l’argomento più delicato nell’attuale contesto politico cittadino, quello che tra polemiche e mobilitazioni ha agitato le ultime settimane.
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«Ho parlato tante volte con i senzatetto, gli porto il caffè. Penso anche con Ligia (la senzatetto romena multata, ndr), così come ho cercato un dialogo con la donna cinese che scrive sempre – prosegue il sindaco nel suo racconto – Dobbiamo provare ad aiutare chi vive in strada in tutti i modi possibili, anche se a volte loro rifiutano l’assistenza che offrono i nostri servizi sociali. Ma non sono pericolosi. I poveri esistono e sono parte integrante della nostra società. Le diseguaglianze purtroppo esistono e i poveri non si possono cancellare. Sarebbe disumano anche solo ignorarli, ci mancherebbe altro, né ha alcun senso multarli».
Sindaco Giordani, forse il problema più grande nell’area della stazione è lo spaccio e la tossicodipendenza. Un intervento delle forze dell’ordine appariva necessario. Che ne pensa?
«Certamente, lo spaccio è un fenomeno da combattere. Ma se esiste è perché ci sono i consumatori, che spesso hanno pure il colletto bianco e la cravatta. E anche in questo caso c’è bisogno sì della repressione, ma anche di interventi sociali».
Lei parla spesso di sociale e l’investimento nel bilancio del Comune è già considerevole. Eppure i fondi sembrano non bastare.
«L’ho detto chiaramente al sottosegretario Ostellari, che ci invitava a investire di più sul sociale. Ma che gioco è questo? Il governo ci taglia i fondi e non fa nulla per gestire l’immigrazione. Noi ci siamo presi la responsabilità di aumentare le tasse ai più ricchi per non tagliare i servizi, ma sono comunque aumentati i costi. Spero che con l’assestamento di bilancio di aprile possa trovare il modo di recuperare altri due milioni di euro che investiremo ancora sul sociale. Da quando sono sindaco non ho mai tagliato un euro su nessuno dei servizi per le persone in difficoltà, ma anzi l’obiettivo è quello di aumentarli».
Perché pensa che il governo non stia gestendo bene il fenomeno migratorio?
«È stato un errore tagliare i fondi per l’accoglienza diffusa e i servizi connessi, questo ha portato più disperati in strada che spesso cadono nelle mani della criminalità. A chi arriva nel nostro Paese va fornita assistenza, bisogna insegnare loro l’italiano e avviarli al lavoro. Ma è ovvio che il fenomeno va governato meglio».
In che senso?
«Al di la di chi fugge dalle guerre e ha diritto all’asilo per motivi umanitari, all’Italia servono 120 mila persone l’anno: non lo dico io, ma la Confindustria. Non ha senso che continuino ad arrivare come irregolari. Andrebbe organizzata la formazione nel loro Paese d’origine, come una sorta di apprendistato. E poi facciamo arrivare le persone in modo ordinato. Non sui barconi, ma con trasporti sicuri e controllati».
Tornando a Padova, lei si trova ad affrontare il fenomeno delle baby gang e degli adolescenti che vandalizzano la città. Come se ne esce?
«Stiamo collaborando con il dirigente scolastico provinciale Roberto Natale per creare occasioni di confronto e crescita nelle scuole. Purtroppo nel corso degli ultimi anni è venuto a mancare il ruolo fondamentale dei patronati e dei case di quartiere. Noi stiamo provando, anche su suggerimento di una proposta del Pd e dei consiglieri di maggioranza, a rafforzare in ogni quartiere i servizi sportivi e culturali destinati agli adolescenti: scuole aperte il pomeriggio, campi da basket, nuovi parchi ma anche sale prove per fare musica. C’è un disagio che va affrontato anche con la collaborazione delle famiglie, sostenendo le associazioni del territorio, dialogando con le comunità straniere per i ragazzi di seconda generazione».
C’è anche la movida che crea fastidio e polemiche. Cosa intende fare?
«Stiamo investendo su nuovi bagni pubblici e promuovendo la delocalizzazione, soprattutto nei parchi. Ma è un fenomeno che va gestito con intelligenza, come avviene in tutte le città universitarie. Fermiamo la musica a mezzanotte ma non possiamo impedire ai ragazzi di trovarsi. La città è viva ed è piena di studenti: questa è una ricchezza. Anche al Portello voglio ricordare che prima alla sera era solo una piazza dello spaccio. Oggi c’è socialità».
A proposito di studenti, con la loro presenza si riqualificheranno presto aree importanti come l’ex Ifip e il Pp1. Con tutti questi studentati però non potrebbero ricrearsi delle nuove vie Anelli?
«No, assolutamente. Via Anelli non può più accadere. Abbiamo messo norme molto rigide per tutelarci. In più sono strutture di livello alto, fatto soprattutto per gli studenti stranieri che sono in forte crescita nella nostra università. Nelle mie passeggiate notturne verso la stazione sento parlare tutte le lingue del mondo a Padova. È il segno di una città che cresce e attrae talenti».
Nelle scorse settimane però è riesplosa la violenza politica in città. C’è il rischio di tornare a un periodo buio?
«Io l’ho vissuto quel periodo e non lo accetto. Sono episodi che non devono accadere, la violenza non è mai ammissibile. La città deve vivere serena. Guardi, Padova è la capitale del volontariato e non della violenza politica. Così continuerà ad essere».
Tornando alle zone rosse, un’ultima cosa: i dati dicono che i reati calano, ma il bisogno di sicurezza dei cittadini cresce. Come se lo spiega?
«Perché la sicurezza è importante, ma per qualcuno è diventata un’arma politica e di propaganda. Io non ho interesse a scendere in questo campo. Il mio interesse è solo Padova e difenderò il buon nome della città. Perché qui la qualità della vita è alta e vogliamo che sia così per tutti gli anni futuri». —
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