In stanza con malati gravi dopo aver partorito il bebè

PADOVA. «Una situazione a dir poco aberrante, neo mamme con i loro neonati insieme con anziane in attesa di essere operate, donne con diagnosi di cancro e mamme che hanno appena perso il nascituro»: lo scenario sembra quello di un ospedale da campo, una di quelle realtà che si sentono raccontate da chi fa il volontario in Africa. E invece no. Succede nell’Azienda ospedaliera di Padova, l’ospedale delle eccellenze. Dove per la carenza di spazi e strutture ormai del tutto inadeguate, il giorno più bello per alcuni si mescola e si confonde con quello più brutto di altri.
La testimonianza è quella di Ester Selva diventata mamma di una bellissima bimba lo scorso luglio. «La parte ostetrica fino al parto» racconta la donna, originaria di Bologna ma padovana di adozione, «è andata benissimo, direi che è stata perfetta. Quando invece io e la piccola siamo state trasferite in Divisione, al nido, la situazione è precipitata. In tutto c’erano circa quaranta neo mamme. Con me che avevo appena partorito una bimba sanissima e stavo vivendo i momenti più belli della mia vita, era ricoverata una donna con gravi problemi cardiaci che aveva perso il figlio appena nato. Nella stanza accanto c’era un’altra paziente a cui era stato diagnosticato un male incurabile, in un’altra ancora due signore di settant’anni in attesa di un intervento chirurgico. Ho trovato questa convivenza fra situazioni così diverse e di segno opposto, davvero disumana, non solo per me e le altre mamme, ma soprattutto per chi stava male. Cosa poteva provare la mamma che ha perso il suo bimbo appena nato guardando quelle che invece tenevano fra le braccia il loro piccolo, lo allattavano al seno, condividevano con mariti e compagni la gioia più grande? ». Ester ha fatto presente il suo disagio ai medici del reparto, sottolineando come fosse inopportuno affiancare casi al limite della sofferenza con la maternità, ma ovviamente non era possibile intervenire per trasferire le pazienti, visto che spazi a disposizione non ce n’erano. Sul punto interviene il direttore della Clinica di Ginecologia e Ostetricia, il professor Giovanni Nardelli: «Con gli anni le strutture ospedaliere decadono, ma non decadono i bisogni di sanità delle persone che anzi richiedono standard di qualità giustamente più alti. È evidente che scontiamo i limiti di un ospedale che non basta, che ha strutture non più all’altezza, e non da oggi. Troppi anni sono stati persi sul progetto del nuovo ospedale e ora, che finalmente i passaggi tecnici sono stati fatti e l’area è stata individuata, possiamo solo auspicare che la politica si dia una mossa e faccia aprire il cantiere. La situazione è drammatica» non nasconde Nardelli, «le situazioni denunciate da questa donna si ripetono di continuo e siamo perfettamente consapevoli che un ospedale di eccellenza dovrebbe avere standard diversi. Non a caso» conclude il professore, «stiamo assistendo anche a una preoccupante fuga di medici».
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