Inceneritore, lo smog inquina di più il centro e Forcellini

PADOVA. Le polveri sottili generate dall’inceneritore di San Lazzaro si diffondono per lo più verso il centro città e il quartiere Forcellini. Ma l’«inquinamento di fondo» presente in città fa sì che il pericolo derivante da questo ulteriore Pm10 sia «irrilevante». Sono le conclusioni a cui è arrivato lo studio longitudinale nell’Usl 16 realizzato da Lorenzo Simonato, docente del dipartimento di Medicina molecolare del Bo.
In realtà lo studio ha rilevato un aumento del 43% dei tumori maligni nell’area più vicina all’impianto. Ma si tratta di 46 casi in dieci anni: dato statisticamente non attendibile.
L’aumento dei tumori. Nello studio è stata individuata e “geo-referenziata” l’intera popolazione direttamente interessata dalla ricaduta delle emissioni del termovalorizzatore. E in dieci anni sono stati rilevati 46 tumori maligni contro i 32 casi attesi in un identico campione di popolazione non interessata dalle polveri dell’inceneritore. Ma è un dato che non può essere preso in considerazione: «Dai test delle analisi della mortalità si conferma quanto previsto, ovvero la grande instabilità delle stime del rischio dovuta alla numerosità molto ridotta della popolazione», si legge nelle conclusioni dello studio, presentato all’Osservatorio ambientale sull’inceneritore ai primi dello scorso dicembre.
Lo smog in città. Lo studio conferma la presenza di un rischio mortalità associato all’inquinamento, in particolare per malattie cardiache e respiratorie. A Padova come in tutta la pianura padana. L’inceneritore si inserisce in un contesto già critico, con un contributo ininfluente. In pratica i problemi dello smog vanno cercati da altre parti: «Il contributo delle emissioni di polveri Pm10 dal termovalorizzatore ai livello di inquinamento di fondo appare irrilevante», si legge nello studio.
La linea di ricaduta. Dall’inceneritore le polveri si diffondono lungo un asse che va da nord-est a sud-ovest. E la ricaduta riguarda soprattutto i quartieri di Forcellini e una parte del centro storico. Ma si tratta di valori centesimali. «Rispetto ad altri impianti, l’inceneritore di Padova è tra quelli più d’avanguardia d’Europa – sottolinea Fabio Casetto, che nella commissione rappresenta, assieme a altri, gli ambientalisti – I limiti sono ben sotto la soglia, ma la nostra proposta è sempre la stessa: chiudere una linea delle tre attive aumentando la raccolta differenziata». Intanto però lo studio di Simonato ha costruito un database che verrà monitorato anche nei prossimi anni per studiare gli effetti sul lungo periodo. Termina così una fase dell’Osservatorio ambientale creato per la costruzione della terza linea dell’inceneritore. «Ma non chiuderà qui – sottolinea Casetto – Vorremmo che diventi un osservatorio sul ciclo dei rifiuti in generale, che resti un organo utile per la città».
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