«Ingrosso cinese zona franca Perché nessuno controlla?»

Centro Ingrosso Cina, c’è chi ha cambiato idea. All’apertura nel 2005, secondo Maurizio Francescon rappresentava una «nuova opportunità». Ora - alla luce dei reportage anche politici - Confesercenti...

Centro Ingrosso Cina, c’è chi ha cambiato idea. All’apertura nel 2005, secondo Maurizio Francescon rappresentava una «nuova opportunità». Ora - alla luce dei reportage anche politici - Confesercenti lo vorrebbe volentieri chiudere.

Padova, Chinatown. C’è l’Istituto Confucio che il Bo ospita con il supporto della Camera di commercio. Ma anche la ristorazione di Marco, quello del sostegno elettorale a Luca Zaia e dei matrimoni in grande stile. Ma c’è anche l’ingrosso della zona industriale che Fernando Zilio (presidente dell’Ascom) tiene «sotto tiro» da sempre.

Adesso con più ragioni: «Paghiamo a caro prezzo la pochezza degli amministratori dell’epoca. Una speculazione che si capisce a chilometri di distanza, sulle spalle degli imprenditori. L’ex fabbrica di carrozze ferroviarie, a prezzo agevolato, è diventata un centro commerciale camuffato da artigianato. L’Ingros cinese è una zona franca: vende anchealimentari, non ci sono norme di sicurezza e si compra senza fatture, scontrini, ricevute».

Il vice sindaco Ivo Rossi “in visita” ha riconosciuto un noto commerciante padovano che faceva acquisti: «Non mi stupisce. Arrivano da Triveneto, Friuli, Emilia, perfino da Slovenia e Croazia» sbotta Zilio. «I finanzieri vanno a Cortina, ma lì si compra e si vende senza regole. Le tasse si pagano: ci mancherebbe. Come Ascom non difendiamo l’indifendibile. Ma non è possibile che all’Ingros cinese ci siamo prodotti che fanno male alla salute, muletti che girano fra gli scatoloni e nessun rispetto delle leggi».

Zilio insiste sulla disparità di trattamento: «Nell’area sud della zona industriale è vietato frazionare i capannoni. Lì si può, eccome. I negozianti vendono a prezzi italiani, ma i cinesi diventano i salvatori del commercio. E’ il “libero mercato” della globalizzazione: tutti fanno come vogliono.Peccato che a me controllino tutto: sono stato estratto a sorte perfino per la verifica della Camera di commercio sulla correttezza delle etichettature. Con tanto di analisi di laboratorio e un bel pacco di verbali».

Padova, Chinatown. L’economia indigena e l’assalto della concorrenza «comunista». Zilio non ne fa una questione internazionale, se mai di diritto: «Sui cinesi regolari e per bene nulla da dire. E se sono più bravi di me, tanto di cappello. Ma dev’essere concorrenza vera nel rispetto delle stesse leggi e condizioni».

Conclusione del presidente Ascom: «Quando sono andato in Cina, me l’hanno detto chiaro: ai nostri connazionali dovete far rispettare la disciplina come facciamo qui...». ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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