Intrappolato nel sifone delle chiuse: l'orribile fine del sub durante le ricerche di Isabella

PADOVA Nessun dramma è mai giusto. Però ci sono quelli un po’ più ingiusti, più dolorosi, perfino insopportabili. Così è la morte di un uomo valoroso come Rosario Sanarico, 52 anni, originario di Napoli, ispettore superiore della Polizia in forza al Centro nautico e sommozzatori di La Spezia. Un poliziotto apprezzato e stimato; un marito, papà e nonno amatissimo.
Morto nella ricerca del cadavere di una donna, Isabella Noventa, uccisa senza (ancora) un perché. Il cuore di Rosario ha smesso di battere a mezzanotte e mezza, più o meno sette ore dopo l’incidente di venerdì pomeriggio nel Brenta, alle chiuse di Stra. Per quarantacinque minuti circa il sub è rimasto incastrato sott’acqua, con il corpo prigioniero del risucchio d’aria di un potente sifone.
Quando i colleghi e i vigili del fuoco l’hanno tirato su, privo di sensi, le sue condizioni erano già disperate. Ma Sasa era forte e il suo cuore si è rimesso a battere dopo un lungo massaggio cardiaco che gli è stato praticato sul posto, sotto gli occhi increduli e disperati degli altri soccorritori e dei curiosi che affollavano gli argini; e a quel punto tutti hanno sperato che ce la facesse. Invece no. Troppo a lungo senza ossigeno, nessuna attività cerebrale.
Il coma e poi la morte, in ospedale, davanti a don Ulisse Zaggia, cappellano della Polizia e ai suoi familiari, accorsi in città. Morte per annegamento - sarà scritto sui referti - ma nella memoria resterà scolpito quel suo estremo tentativo di recupero, simile ai tanti fatti in vita per salvare gli altri.
La moglie Antonella e i figli Alessio e Annavera (mamma di quel bambino di 7 anni adorato da nonno Sasa) hanno autorizzato fin da subito la donazione degli organi. Ma l’espianto non è stato possibile. I valori delle analisi si sono rivelati incompatibili con l’operazione. Evidentemente la morte ha lasciato un segno profondo.
Ieri per la Polizia è stato un giorno di dolore profondo e composto. Ben raccontato da Andrea Poli, 49 anni, amico e collega, compagno di tante immersioni di Rosario, che davanti all’ospedale ha trovato la forza di trattenere le lacrime e insieme di ricordare il compagno morto sul lavoro. «Se c’era un problema, lui c’era. Pensava sempre a tutto per tutti, in questo senso Rosario era veramente l’amico migliore che si potesse desiderare. Un altruista, uno che stava sempre in prima linea. E sul lavoro era il migliore, aveva tanta esperienza».
La ricerca dell’altro ieri nel Brenta per ritrovare il corpo di Isabella Noventa era routine, per uno come lui, ha fatto capire Poli. «Facciamo tanti interventi così, in apparenza non c’era nessuna difficoltà».
C’è stato invece l’imprevisto, sul quale nessuno vuole però pronunciarsi: ci sarà un’inchiesta per capire chi ha sbagliato e dove, è già stato fatto sapere dalla Procura, anche se il corpo di Sanarico non sarà sottoposto ad autopsia perché le cause della morte sono chiare. Ieri le ricerche del cadavere di Isabella sono state sospese e anche oggi nessuno si immergerà nel Brenta. Domani si vedrà, ma tutta l’operazione dovrà essere rivalutata. Poli, a nome dei subacquei della Polizia, non si tira indietro: «Se c’è da tornare lì sotto, noi ci andiamo, come sempre. È il nostro lavoro. E poi lo dobbiamo anche a Rosario. Se serve, lo faremo in suo onore».
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