Ipotesi dolo per il rogo alla Maciste. «Merce non assicurata, perso tutto»

Fiamme domate, indagini in corso: scoperti due inneschi. Il titolare Breggion: «Non mi capacito» 
Giampaolo Breggion disperato davanti al rogo della sua azienda
Giampaolo Breggion disperato davanti al rogo della sua azienda

PADOVA. A ventiquattro ore dal furioso incendio che ha distrutto buona parte del deposito della ditta Maciste Sgomberi il mistero sulle cause del rogo si infittisce. Gli accertamenti, di cui sono incaricati i carabinieri del Nucleo radiomobile di Padova, proseguono a ritmo serrato ma potrebbero servire giorni per dirimere quella che aleggia come un’ombra oscura sulla vicenda: il sospetto del gesto doloso.

Due inneschi

Gli inquirenti non si sbilanciano, un’intera giornata di analisi sulla scena di via Madonnetta non è bastata a fugare ogni dubbio, ma i punti di innesco individuati sarebbero due. Per tutta la notte i vigili del fuoco hanno presidiato affinché eventuali focolai non riprendessero a bruciare e dall’alba hanno cominciato a smassare i materiali per agevolare i rilievi tecnici.

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Lunedì sera le fiamme hanno divorato due capannoni del grande deposito al civico 35 e in entrambi sarebbero state trovate tracce compatibili con l’origine del rogo, distanti una decina di metri una dall’altra. Un fatto che, se confermato, renderebbe assai poco plausibile l’ipotesi del guasto. Il corto circuito infatti è una delle opzioni al vaglio: generando scintille tra i mobili accatastati potrebbe aver scatenato l’incendio alimentato dai materiali infiammabili, tuttavia è poco probabile che una simile dinamica possa aver generato due distinti focolai. La tesi del dolo trascinerebbe con sé una lunga serie di ulteriori indagini, ma il primo a dirsi all’oscuro di tutto è lo stesso titolare della Maciste, Giampaolo Breggion.

L’uomo, trevigiano, ieri pomeriggio ha nuovamente avuto un colloquio con i carabinieri ed è ancora fortemente scosso: «Purtroppo nemmeno io ho informazioni sicure, gli inquirenti dicono che servirà del tempo per fare tutti gli accertamenti del caso e avere risposte certe» ha spiegato «Io non so capacitarmi dell’accaduto. Abbiamo perso i capannoni, la merce. Ora dobbiamo contare i danni, altra operazione lunga e dolorosa».


Danni ingenti

Sì, perché se una stima precisa non c’è è evidente che il danno sarà pesantissimo. Diverse decine di migliaia di euro tra le strutture ridotte a scheletri inceneriti e le centinaia di mobili, quadri, pezzi d’arredo che la ditta stoccava per conto dei clienti in attesa dei traslochi e degli smaltimenti. Capire esattamente quanti e quali pezzi siano andati perduti richiederà non poco impegno e un accurato inventario. A peggiorare la situazione il fatto che il materiale non fosse assicurato.

Unici superstiti della furia rovente del fuoco sono stati i veicoli aziendali, risparmiati dalle fiamme: «Almeno quelli si sono salvati. Per il resto, abbiamo perso tutto» commenta amareggiato Breggion. Se certezze non ce ne sono, ancor meno sono stati resi noti eventuali sospetti. Quel che è sicuro è che al momento dell’incendio in quell’area non doveva esserci nessuno, i pochi vicini hanno raccontato di essersi resi conto di quanto accadeva solo alla vista delle fiamme. —
 

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