La cimice può cambiare colore, ma non imbroglia la “samurai”

PADOVA. La cimice asiatica, dopo aver creato seri danni durante la primavera-estate all’agricoltura, soprattutto nei frutteti ma anche nei vigneti e in altre coltivazioni, in questo periodo si sta avvicinando alle case alla ricerca di anfratti dove poter svernare.
Quello che nelle ultime stagioni è stato definito dagli agricoltori di mezza Italia un “flagello” ha però finalmente un antagonista. L’entomologo padovano Enzo Moretto, direttore di Esapolis, il museo vivente del MicroMegaMondo della Provincia e responsabile scientifico della Butterfly Arc di Montegrotto, ridà speranza agli agricoltori disperati.

L’ANTAGONISTA
«La massiccia presenza delle cimici asiatiche ha indotto ultimamente il mondo agricolo a difendersi in qualche modo, utilizzando in maniera massiccia gli insetticidi e in qualche caso le reti di protezione per salvare le produzioni di frutta», ricorda Moretto. «L’insetto antagonista delle cimici asiatiche ora è stato individuato nel Trissolocus japonicus mitjukorji, conosciuto comunemente con il nome di vespa samurai, che deriva dal paese di provenienza.
Si tratta di un esemplare che si nutre delle uova delle cimici che sappiamo si riproducono ben 4 volte l’anno. Depongono tra le 600 e 700 uova. La vespa samurai segue l’odore delle cimici femmine, che sono in grande maggioranza rispetto ai maschi, ed è in grado di arrivare a cibarsi fino al 90% delle uova. Quando si ridurranno le cimici anche l’antagonista avrà problemi di sopravvivenza. Prevediamo che il sistema ritorni in equilibrio in modo del tutto naturale nel giro di 2-3 anni. Già quest’anno la popolazione di cimici in alcune zone anche del nord Italia è notevolmente diminuita grazie all’introduzione del Trissolocus japonicus».
I TIPI
Molti nel Padovano hanno avvistato cimici di colori ben diversi dal tradizionale verde (specie nostrana) e grigio (asiatica). La più bella da vedere per i colori vivaci che la contraddistinguono è la Graphosoma italicus della famiglia delle Perntatomidae, in Italia chiamata anche cimice milanista per i colori rosso e nero del club calcistico milanese.
Tra le cimici asiatiche è forse la meno pericolosa perché attacca prevalentemente le coltivazioni di finocchio. Ci sono poi le più note Rhaphigaster nebulosa, Palomena viridis e Nazara viridula, cimici polifaghe che mangiano di tutto e passano facilmente dai frutteti ai vigneti, dai campi di grano a quelli di soia. La loro colorazione può essere anche rossa: l’avvistamento più recente a San Pietro in Gu qualche mese fa.

I VETTORI
Moretto esclude che nella presenza così massiccia delle cimici asiatiche nel nostro Paese abbiano influito in qualche modo i cambiamenti climatici. «La conferma è che questi parassiti vivono bene sia al nord che al sud dove le temperature sono ben diverse», spiega.
«Arrivano con le merci con una velocità impressionante, complici i trasporti di tutti i tipi. Non sempre, sopratutto in alcune nazioni, i controlli da parte delle autorità preposte sono ferrei. L’attenzione verso questo problema dovrebbe essere maggiore. Basti pensare che all’interno di un camion o di qualsiasi altro mezzo di trasporto una cimice può spostarsi di migliaia di chilometri nell’arco di una giornata. Alche l’importazione di piante ha contribuito a creare il problema. Molto spesso sono addirittura le persone a fare da veicolo a questi insetti»
LA NORMATIVA
Tornando alla vespa samurai, a favorirne l’importazione è stato il cambio della normativa nazionale il 15 dicembre 2017. «La Legge 230/2017 che tiene conto del regolamento della Comunità europea 1143 del 2014, mette un punto fermo sulle specie aliene», spiega l’entomologo.
«La modifica dello strumento normativo da parte del Governo italiano poteva sicuramente avvenire prima, non appena furono rese note le prime relazioni delle Regioni sul problema in agricoltura. La possibilità di attivare una lotta biologica alla cimice asiatica elimina i costi enormi per gli antiparassitari e soprattutto azzera i danni ambientali che con il solo uso degli insetticidi sarebbero disastrosi. Il rischio dell’invasione di altri parassiti rimane comunque alto». —
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