La città invasa dal pero puzzolente

Costano cari, rimangono piccoli, sono infestanti e hanno un profumo sgradevole. Anzi, bisogna proprio dire che puzzano. I fiori dei peri ornamentali cinesi hanno un odore che da più parti è descritto come quello dei pesci in decomposizione. Negli Stati Uniti ci hanno riconosciuto un altro odore e l’hanno ribattezzato “l’albero dello sperma”. Qui da noi si dice che “sa da freschin” e a questo punto si può avere la certezza che, comunque lo si interpreti, non regalerà fioriture memorabili e primavere inebrianti. Eppure in municipio qualcuno si è innamorato del “Pyrus calleryana Chanticleer” - il pero cinese, appunto - tant’è vero che mentre con una mano l’amministrazione brandisce la motosega e continua a far strage di alberi adulti, più o meno malati, con l’altra pianta decine di esemplari di questo alberello ornamentale. Che costa fra i 140 e i 250 euro e che ha il pregio di crescere in modo contenuto - senza richiedere frequenti potature - e di resistere allo smog, alla siccità, al freddo, insomma alle sollecitazioni di una città e di un Comune che non può garantire una cura quotidiana.
Di fronte alla spiccata predilezione del Comune per questo pero, il botanico Patrizio Giulini e l’agronoma Elena Macellari - entrambi componenti dei Gruppi di lavoro Tavoli verdi del Veneto - hanno scritto al Comune, area lavori pubblici, per chiedere chiarimenti. «Vogliamo capire come mai, pur avendo a disposizione una lista di diversi alberi per rimpiazzare gli esemplari di prima grandezza che vengono abbattuti, la scelta ricade sistematicamente su un numero limitato di specie e di classe di grandezza», scrivono i due esperti. Che citano anche qualche esempio recente: «In via Buzzaccarini, via Bengasi, via Piave, via Sorio si è scelto sempre il piccolo e nauseabondo pero ornamentale cinese». L’albero - riconoscono Giulini e Macellari - andava molto di moda nella vecchia Europa e in molte città americane. Ed era stato anche votato come miglior albero urbano nel 2005. «È facile da gestire», scrivono ancora i due, «ed è resistente. Non si allarga oltre i 5-6 metri, non va fuori forma anche in assenza di potature. Vive 25 anni e poi va sostituito. Ma ha almeno tre difetti dirompenti: un valore ecologico basso - cioè non cattura la Co2 come gli alberi che il Comune sta tagliando -, ha un odore sgradevole ed è infestante». Per questi motivi, molte città americane sono corse ai ripari eliminandolo, infatti fra il 2006 e il 2015 il numero di esemplari è stato dimezzato. A Padova invece si moltiplica. E gli esperti non si spiegano il perché. «Tra l’altro costa tanto, per essere una pianta così piccola e lenta a crescere», insistono Giulini e Macellari. «Il platano poli-ibrido, per esempio, sopravvive fino a 200-300 anni, resiste al cancro colorato, svolge tante funzioni ecologiche - per esempio rimuove cento volte più smog - e rinfresca come venti condizionatori. E ha lo stesso prezzo». Perché, dunque, la scelta del pero? Gli esperti sperano che dal Comune qualcuno sappia dare una spiegazione.(cric)
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