La famigliola che gestiva il capannone della merce rubata

ESTE. Un’impresa a gestione famigliare, mamma a far quadrare i conti, come dire “la ragioniera”, figlio e patrigno fianco a fianco nel gestire l’aspetto di approvvigionamento, la logistica e il via vai di clienti.
Lui, il marito, Stefano Gallo, 50 anni, portatore di verve imprenditoriale nordestina con in più la tradizionale creatività solesinese; lei, la moglie, Alina Caramida, 39 anni, forte di precisione, determinazione e spirito organizzativo femminile tipicamente rumeni; il figlio di lei, R.A., 23 anni: i tre abitano a Solesino, casa singola, auto a disposizione, vita da benestanti. E in più con un capannone in via Piemonte a Monselice usato come magazzino di stoccaggio merce rubata. Dalle colombe pasquali all’arredamento, dal rame ad apparecchiature elettriche, tutta merce rubata tra il 2013 e il 2015 in sei grossi furti nel Padovano. E lì, nel capannone di famiglia, andavano a fare acquisti anche commercianti muniti di partita Iva, che di scrupoli non se ne facevano proprio. Fino a che, venerdì mattina, i carabinieri hanno mandato l’impresa a rotoli, andando a casa della famiglia, arrestando la coppia e sottoponendo il figlio di lei a obbligo di dimora. Misure cautelari arrivate dopo mesi di indagini dei carabinieri di Este e Solesino coordinate dal sostituto procuratore Sergio Dini.
Stefano Gallo, Alina Caramida e il figlio sono accusati di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di furti e alla ricettazione di merci rubate su loro commissione. I tre, secondo i riscontri dei carabinieri, sfruttando come base il capannone a Monselice, avevano creato un’organizzazione stabile dedita al furto e alla ricettazione per un giro di 500 mila euro. Sono anche state denunciate a piede libero cinque persone, per ricettazione in concorso: un commerciante incensurato trevigiano, un operaio bresciano e tre padovani che si occupavano dello smistamento.
Tra i furti contestati, quello del febbraio 2015 alla Eurotekna di Pozzonovo dove vennero rubati macchinari per la produzione di arredamento per 390 mila euro; e quello alla Pu.ma di Tribano da dove sparirono 20 bobine di cavo elettrico in rame da 100 chili ciascuna e motori elettrici per 100 mila euro. Durante la perquisizione in casa, sono anche saltati fuori 17 grammi di cocaina.
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