La frase della svolta: "L'abbiamo fatta grossa"

Pronunciata al telefono da due sospettati ed intercettata dagli investigatori: da qui il passo avanti decisivo nelle indagini. Molti i tentativi di depistaggio
FERRO - AGENZIA BIANCHI - PADOVA - CONFERENZA STAMPA CARABINIERI. MATTEO STUCCILLI
FERRO - AGENZIA BIANCHI - PADOVA - CONFERENZA STAMPA CARABINIERI. MATTEO STUCCILLI

PADOVA. Un omicidio per amore, gelosia, rapporti interpersonali malati. Poi la messinscena per depistare ideata e organizzata da tre attori, due di razza e una poco più che una comparsa. Infine la svolta quando crolla la protagonista più debole della storia: non lui (Freddy), né lei (Debora) ma l’altra (Manuela), quella esterna a quello stretto legame familiare. Crolla e racconta quanto basta per scrivere l’ultimo capitolo del “giallo” sulla sparizione di Isabella Sorgato. Che non è mai arrivata nel centro di Padova. Che non ha mai messo piede in piazza Insurrezione tra il 15 e il 16 gennaio, la notte in cui è stata inghiottita nel nulla. Che è stata assassinata anche se il movente resta per ora nell’ambito del sospetto, così come manca, per ora, il “corpo del reato”, cioè il cadavere.

L’intercettazione. Freddy, Debora e Manuela: tre interpreti perfetti, freddi e distaccati, intercettati da settimane. È un dialogo fra due di loro a far capire che, forse, si è più vicini alla tragica verità da sempre inseguita. C’è una frase che uno dei tre si lascia scappare al telefono. E che fa riferimento al fatto di averla combinata grossa, stavolta. Gli investigatori già lo sanno: non è Isabella la donna con il piumino bianco che vaga per il centro giusto un mese fa, immortalata dalle telecamere nell’orario in cui – riferisce Freddy Sorgato – sarebbe stata scaricata in piazza Insurrezione per incontrare un’amica. Un’amica di cui nessuno sa nulla. E poi le scarpe indossate non sono di Isabella. E nemmeno la postura le corrisponde. Di più: le immagini in mano agli inquirenti non sono quelle sgranate divulgate dalla stampa.

La lunga notte. Lunedì vertice tra investigatori e decisione: la “svolta” va provocata. Nella serata viene convocata Manuela Cacco, anche lei pronta a confondere il quadro tirando in ballo la storia (mai creduta) dell’appartamento in centro utilizzato da Isabella e messo a disposizione da una sedicente amica di Milano. Manuela arriva in questura dopo aver parcheggiato l’auto in Prato della Valle.

Gli interrogatori. Alle 23.30 giunge il pm Giorgio Falcone ben consapevole che lo attende, forse, una notte infinita. Inizia l’interrogatorio, una contestazione dopo l’altra. Un paio d’ore e la tabaccaia di Camponogara, tra lacrime e disperazione, confessa: era lei a passeggiare davanti alle telecamere... Freddy l’aveva accompagnata... E sempre Freddy le aveva chiesto di indossare il piumino bianco di Isabella coprendo il volto... Sì aveva fatto la comparsa... Era una messinscena. Collaborazione (quasi) piena, assicurano fonti investigative. All’1.50 la telefonata al difensore, l’avvocato Alessandro Menegazzo che, alle 2.30 è già in questura. L’interrogatorio di Manuela Cacco come persona informata sui fatti si trasforma nel verbale di una persona indagata. Intorno alle 3 partono le auto della Squadra mobile dirette a casa di Freddy a Noventa Padovana e di Debora a Camin: poco dopo il rientro con fratello e sorella sistemati in due stanze diverse. Chiamata urgente al difensore, il penalista Massimo Malipiero. Ore 4.30 di martedì: via all’interrogatorio-fiume. Pm e capo della Mobile si alternano tra un ufficio e l’altro e parte il fuoco di fila di domande. Per una decina di ore. Nel primo pomeriggio tutto finito in due verbali secretati. I due si difendono. Tengono duro. Alle 15 il difensore lascia la questura; i Sorgato, come l’amica, restano a disposizione. Fino alle 19 quando a Freddy, Debora e Manuela viene notificato il fermo per omicidio premeditato e occultamento di cadavere. Poi il trasferimento nel carcere Due Palazzi per lui, e nel carcere femminile di Verona per le due donne.

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