«La grande distribuzione sfrutta il lavoro nero»

La denuncia dell’Adl Cobas ha dato avvio ai controlli sulle aziende agricole di Albignasego e Due Carrare da parte di carabinieri e ispettori dell’occupazione
Di Cristina Salvato

ALBIGNASEGO. Lavoratori sfruttati per coltivare e ripulire ortaggi che finiscono dove? Nei negozi delle grandi catene di distribuzione. Sui banconi frigo dei più noti supermercati e ipermercati arrivano ogni giorno ortaggi coltivati e ripuliti da lavoratori come quelli che la Direzione territoriale del lavoro di Padova e i carabinieri hanno trovato in un’azienda di Albignasego. Infreddoliti, le mani in ammollo nell’acqua gelida, dodici ore di lavoro sottopagato e pressoché ininterrotto, con la pausa pranzo da consumare in fretta seduti sulle cassette della frutta. «Diversi lavoratori coinvolti nella vicenda si sono rivolti al nostro sindacato» rivela Adl Cobas «per affrontare e risolvere le gravi problematiche connesse al rapporto di lavoro, alla retribuzione e alle stesse forme d’impiego all’interno dell’azienda. Una vicenda veramente grave, non solo perché le loro condizioni di impiego erano conosciute da molti, ma perché si tratta di un’azienda agricola di medie dimensioni (per il territorio veneto), che tra i suoi clienti vanta molti big della grande distribuzione del Nord Italia. Dicendo questo non vogliamo ridimensionare le gravi responsabilità del titolare dell’azienda agricola, al quale nei prossimi giorni chiederemo un incontro urgente. Il lavoro deve essere sempre pagato, applicando il contratto collettivo. Ciononostante non possiamo non chiamare in causa i clienti dell’azienda ossia quella grande distribuzione che ha il potere di imporre il prezzo dei prodotti e di verificare i propri fornitori. A queste aziende, e ai loro proprietari, chiediamo se è possibile non sapere nulla delle condizioni di impiego dei lavoratori di un proprio importante fornitore? I prezzi sul campo consentono all’azienda agricola di garantire ai propri dipendenti una corretta assunzione e l’applicazione del contratto collettivo? Sono disponibili a dichiarare a quanto comprano i prodotti?». Dietro a un retino di cipolle, accatastato con tanti altri sul bancone di un supermercato, ci sono lavoratori sottopagati, alcuni dei quali costretti a vivere insieme in un seminterrato. I tre lavoratori stranieri trovati privi di permesso di soggiorno non erano clandestini, ma erano giunti in Italia con un nulla osta per lavoro stagionale, «ma a causa della clandestinità del rapporto di lavoro e della mostruosità della legge Bossi-Fini, sono diventati irregolari» prosegue il sindacato. «Per loro chiediamo una regolarizzazione per motivi connessi al grave sfruttamento lavorativo. Cercheremo, inoltre, di salvaguardare i posti di lavoro, il reddito e la dignità di tutti: il lavoro c’è, ma deve essere applicato il contratto collettivo e pagate tutte le differenze retributive».

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