«La mia musica a colori»
La festa di Giusto Pio, un promettente artista di 85 anni

Nella foto Giusto Pio nel suo studio di musicista e pittore
TREVISO.
«Solo» 85 anni per una vita di esperienze uniche, intense e straordinarie. E' quella di Giusto Pio, l'eclettico Maestro che tutti conoscono soprattutto per il fortunato sodalizio musicale con Franco Battiato con cui ha realizzato tra più belle canzoni italiane degli ultimi trent'anni. Una personalità schiva e riservata la sua, portata alla ribalta dai festeggiamenti organizzati da Fondazione Villa Benzi Zecchini di Caerano San Marco che iniziano proprio oggi. «Sono sempre stato un curioso» dice con la semplicità che si addice a un genio quale lui è. La madre maestra che gli insegna a scrivere e leggere a cinque anni, l'amore per la musica che lo porta a frequentare il «Pollini» nel'38-'39 e alla vigilia della guerra, nel 1940, il conservatorio «Benedetto Marcello» a Venezia. E poi, giovanissimo, nella Resistenza, per evitare il reclutamento obbligatorio imposto dalla Repubblica Sociale Italiana. «Ero tanto giovane e ho fatto quello che hanno fatto i miei coetanei. Mi sono trovato in situazioni che si possono affrontare solo con l'incoscienza dell'età. Come una notte a Villa Bolasco, dove fui messo assieme a un amico, Giorgio Luciani, a fare la guardia ai tedeschi che, in fuga, si arrendevano ai partigiani. Ce li portavano a gruppi, in poche ore divennero diverse centinaia. Erano soldati finiti, infreddoliti e affamati, stanchi di una guerra che evidentemente non volevano neanche loro. Nella villa avevamo scoperto ammassati armi e cibo e c'era una stanza piena di gallette. Ne prendemmo per portarle loro. All'inizio venivano a pigliarle a gruppetti, poi iniziarono a precipitarsi addosso. Prendemmo paura e il mio amico sparò per aria una raffica di mitra per disperderli. Eravamo solo due ragazzi, e grazie a Dio non reagirono. Erano uomini stanchi di tutto...». La guerra gli fa saltare due anni di conservatorio, Giusto Pio si diploma in violino nel 1947. «Lavoro non ce n'era, e allora suonavo nelle balere o l'organo in chiesa, mi pagavano con un sacchetto di farina e delle uova». Poi nel 1950 l'Accademia di Santa Cecilia a Roma bandisce un concorso per un posto di violinista. «Non lo vinsi, ma mi dette l'idoneità per vincere un altro concorso per l'Orchestra della Rai di Milano». A Milano, durante i concerti, lo veniva a trovare un compagno di studi, certo Luigi Nono, il più grande compositore di musica contemporanea d'Italia. «Gigi Nono, era sempre all'avanguardia rispetto a tutti gli altri, ha fatto capolavori altissimi, come "Canto sospeso" sui campi di concentramento». Poi, un giorno, il collega pianista Antonio Ballista lo chiama per dare alcune lezioni di violino a «un ragazzotto interessante». «Franco Battiato discuteva con Karlheinz Stockhausen di partiture senza saperle scrivere: ha una memoria musicale mostruosa. Gli ho dato delle lezioni e abbiamo capito di avere delle affinità. Così abbiamo intrapreso una collaborazione per diversi anni». Poi Giusto Pio va in pensione. «E sono ritornato a fare ricerca, fregandomene di tutto». Nel 1988 scrive «Alla Corte di Nefertiti» dove un coro recita intonato, si dedica alla musica elettronica, va a scuola a scuola d'arte da Angelo Gatto: «Volevo solo capire la pittura. Ho incominciato a dipingere quello che sentivo, perché io la musica la vedo a colori, pennello la sonorità delle partiture». Quadri che cela per sé, finché non viene scoperto da Luigina Bortolatto che con «l'Istituto Le Venezie» organizza mostre per farne conoscere il talento. «Sono solo «potaci» si schermisce «no son un pitor!», mentre «Le Venezie» sta attualmente candidando «Sua Maestà il Pelmo» quale Inno delle Dolomiti all'Unesco.
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