La Mita non rinnova il contratto all’operaio vittima d’infortunio

«Ho trascorso l’ultimo anno tra sale operatore, letti d’ospedale e una lunga riabilitazione. Non ne sono ancora uscito del tutto e porterò per sempre i segni di questo gravissimo infortunio, ma sono vivo e ho anche la possibilità di ringraziare tutte le persone che mi sono state accanto. Resta il rammarico per aver perso il posto di lavoro, l’impiego che mi serviva per mantenere una famiglia con due bambini ancora piccoli».
Maurizio Beggio, 48 anni, operaio precario, un anno fa, il 16 novembre 2017, subì un grave infortunio nell’azienda in cui lavorava da poco più di due anni, la Zincheria Mita di Conseve. Venne travolto, insieme a un collega, dal braccio di un carro ponte del peso di 27 quintali, piombato a terra all’improvviso. Trasportato in elicottero all’ospedale di Padova, fu a lungo in pericolo di vita e trascorse un mese intero in coma farmacologico con un braccio a pezzi, altre fratture e gravi traumi.
«Solo quando mi risvegliai, pochi giorni prima di Natale» ricorda Beggio «mi resi conto di cosa mi era successo. Non ricordo nulla dell’attimo in cui il carro ponte si spezzò, so solo che ero addetto al distacco del ferro e stavo preparando un grande pacco di materiale. Per fortuna era alto circa un metro e in parte mi riparò dal braccio che si staccò dal carro ponte, altrimenti sarei morto all’istante. Ma da allora la mia vita non è più quella di prima: piano piano ho ripreso a camminare ma non sarò più in grado di lavorare come un tempo, con un braccio malmesso e il dolore alla schiena che non mi fa dormire la notte».
Una volta uscito dalla Rianimazione, Beggio venne ricoverato nel reparto di Ortopedia a Padova fino al 10 gennaio, quindi fu trasferito per un mese in lungodegenza a Montagnana e per un altro mese, fino al 28 febbraio nel centro di riabilitazione dell’Ospedale di Conselve. «Mi hanno operato d’urgenza il braccio sinistro, devastato dalle fratture» aggiunge «Era ad alto rischio di amputazione. Per fortuna l’intervento è riuscito, anche se non posso muovere due dita della mano per la lesione al nervo mediano. Ho riportato fratture anche alla scapola, alla tibia e al perone e ho affrontato una lunga riabilitazione. La frattura di cinque vertebre mi ha lasciato tanto male alla schiena. Per questo i prossimi giorni inizierò la terapia del dolore all’ospedale di Padova».
Ancora qualche settimana e la pratica di infortunio verrà chiusa e si procederà con l’accertamento del grado di invalidità. Nel frattempo, però, Beggio ha perso il posto di lavoro perché la Mita non ha rinnovato il contratto scaduto lo scorso 30 settembre. «Mi è stato spiegato che l’azienda non aveva alcun obbligo» dice l’operaio «ma visto quello che mi è successo proprio mentre ero al lavoro, mi sarei aspettato un trattamento diverso, considerando anche il fatto che ho una moglie attualmente senza impiego e due figli a carico. Assistito dall’avvocato Cosimo Damiano Cisternino ho cercato una soluzione con l’azienda, anche temporanea, ma non c’è stato nulla da fare. Mi hanno risposto che riconsidereranno il mio caso una volta che verrà chiusa la pratica di infortunio, e solo in seguito decideranno se riassumermi o meno. Intanto però io dovrei vivere e curarmi con il 65 per cento del mio stipendio chissà per quanto, anche perché non troverò certo subito lavoro».
La Mita, contattata dal nostro giornale, preferisce non rilasciare dichiarazioni.
«Certo, l’azienda ha agito a norma di legge» aggiunge Beggio «ma non ha neanche provato a dare un segnale diverso, eppure in questi due anni e mezzo non mi ero mai tirato indietro, tanto che mi avevano chiesto di seguire due nuovi operai. Quanto all’incidente, venne accertato che si trattò di un errore umano e la cosa finì là. Il mio collega si riprese e tornò al suo impiego, io invece ho perso tutto».
A rendere la situazione ancora più difficile, ci si è messo anche un problema familiare: moglie e figli hanno dovuto lasciare l’abitazione e trovarsi un nuovo alloggio. Beggio, volontario della società sportiva Usd Junior Anguillara, assai conosciuto e stimato in paese, ha trovato la solidarietà e l’aiuto concreto degli amici. «Per fortuna posso contare sull’affetto di tante persone che mi sono state vicine durante il ricovero» aggiunge l’operaio «e che hanno aiutato anche la mia famiglia alle prese con questo problema. In tanti si sono fatti in quattro per me, venendomi a trovare in ospedale e incoraggiandomi. Venerdì, il giorno del primo anniversario dell’incidente, li ho invitati tutti in bar per ringraziarli ancora una volta e poterli abbracciare uno ad uno». —
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