«La paratoia galleggia e non viene giù»
«Non si alza, la paratoia galleggia. Ghe gà da essere el condotto istruito...». Dice proprio così Maria Teresa Brotto, vicedirettrice del Consorzio Venezia Nuova, in un filmato del luglio 2013. I vertici del Consorzio del Mose non sono ancora stati arrestati, si sta provando il sistema in vista dell’inaugurazione. Ma la paratoia non scende. Problemi emersi anche allora e tenuti nascosti. Rivisti quattro anni dopo. Un passaggio del sevizio di Luca Chianca andato in onda lunedì sera su Report. La vicenda giudiziaria, ma anche la rete di interessi costruita negli anni dal Consorzio Venezia Nuova del padre-padrone Giovani Mazzacurati. Il presidente della Mantovani Piergiorgio Baita rivela alcuni particolari degli affidamenti diretti alla ditta Socostramo di Erasmo Cinque. Che con un investimento minimo e rischio di impresa zero ottiene lavori dal ministro Matteoli a scapito delle altre consorziate. «Ma non aveva i titoli», dice Baita. Si parla anche di altre questioni, sollevate anni fa da pochi magistrati e giornalisti coraggiosi. Adesso diventate con il processo in parte di dominio pubblico. Ecco Antonio Mezzera, magistrato della Corte dei Conti che per primo mette nero su bianco nel 2008 il sistema del Mose, lo strano rapporto tra controllori e controllati, l’aumento dei prezzi e la mancata considerazione delle alternative.
Scorrono gli ex presidenti del Magistrato alle Acque Patrizio Cuccioletta e Maria Giovanna Piva, ancora sotto processo. «Si vergogni», urla al giornalista che le chiede quanti soldi prendesse dal Consorzio. Ecco i figli eccellenti che lavorano a Tethis e nelle imprese del Consorzio. «Ci sono corruzioni che si possono fare e altre no», dice Baita. Lasciando intendere che la corruzione del Mose non si limitava alle mazzette.
Un affresco che mette in luce sprechi e stranezze della grande opera da 5,493 miliardi di euro. Che non basterà a mettere all’asciutto piazza San Marco, come ribadisce il sindaco Luigi Brugnaro. Incidenti di percorso e corrosione dei materiali. Cifre che raccontano i compensi e la liquidazione di Giovanni Mazzacurati – sette milioni di euro stabiliti dal direttorio del Consorzio composto da Romeo Chiarotto e Alessandro Mazzi. I compensi alla Brotto, licenziata dai commissari. Che si è vista dar ragione dal giudice del lavoro Anna Menegazzi. «Non ci sono prove della sua responsabilità», ha scritto il giudice, nonostante la Brotto abbia patteggiato in sede penale due anni per corruzione con la confisca di 600 mila euro. Costi lievitati e spese strane, come il jack-up costato 53 milioni di euro, e un progetto di cui ancora non si vede la fine. Con l’incognita della manutenzione.
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