La paura della sindaca Venturini, scortata a casa la sera dai colleghi

CASALSERUGO. La casa tappezzata di foto di lei, con la fascia tricolore, con la giacca della protezione civile, in mezzo alla gente.
Lorenzo Franceschi, cinquantenne di Monastier (Treviso), aveva un’ossessione: la sindaca di Casalserugo Elisa Venturini. L’hanno scoperto i poliziotti dell’Anticrimine nel momento in cui sono entrati nella sua casa di campagna, presentandosi alla madre novantenne che chiedeva il perché di quella visita inattesa. Quanto la trentanovenne che indossa la fascia tricolore ormai da dieci anni fosse il chiodo fisso di quest’uomo, si scoprirà anche analizzando il materiale informatico sequestrato a casa dell’indagato. Certo è che ormai da un po’ di tempo al termine di ogni consiglio comunale c’era sempre qualche collega che la accompagnava a casa, per evitare che rimanesse sola in balìa di chissà chi.
Franceschi, in questi tre anni, ha dimostrato una predilezione per i social network. Oltre alle email dall’account Google, perseguitava la sindaca di Casalserugo anche con messaggi attraverso la chat di Messenger, applicazione strettamente legata a Facebook. Il profilo del cinquantenne è vuoto. Non c’è una foto, non un post. È chiaro che serviva solo ed esclusivamente come ulteriore mezzo di contatto con Elisa Venturini.
Grazie a Facebook ha potuto scaricare una moltitudine di foto della sindaca che poi stampava e rispediva con allegati commenti non sempre gradevoli.

Gli investigatori della Questura di Padova ne sono convinti: l’ha scelta per via della sua esposizione mediatica. I due non si sono mai conosciuti, ne hanno mai avuto niente a che fare. L’ha vista nelle edizioni locali dei tg, nei giornali e l’ha scelta.
Lorenzo Franceschi non ha precedenti penali alle spalle. Tuttavia, la Procura di Treviso sta indagando sulla pistola Beretta modello 34 con matricola abrasa che teneva in un cassetto. Lui non ha fornito alcuna indicazione. Ha scontato due giorni di arresti domiciliari ma senza rivelare nulla agli agenti che lo incalzavano.
Ciò che resta ancora in piedi è il procedimento per atti persecutori, per cui non è ancora stato emesso alcun provvedimento. Elisa Venturini sta cercando di smaltire le ansie patite durante tutto questo tempo. «Ricordo sempre il primo messaggio che mi ha mandato» racconta dall’ufficio in municipio che occupa ormai da dieci anni. «Era morto da poco mio padre. Rimasi stupita per quelle parole così impertinenti, di cattivo gusto. Purtroppo quella sensazione l’ho provata tante altre volte. Speravo smettesse ma ha continuato a farsi vivo in tutti i modi». Dopo un anno e mezzo di attesa per sapere chi si celava dietro l’account Google da cui mandava le mail e dopo qualche traversia giudiziaria, si è giunti quindi all’identificazione e alla perquisizione. Ora si attende la ricostruzione del profilo psicologico, grazie all’analisi di computer, chiavette usb e telefonino. Poi scatterà un provvedimento.
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