La Procura di Padova impugna il patteggiamento di Grafica Veneta

«Non è stata determinata la somma provento del reato». Per giudice e pm i due manager non hanno avuto benefici. Ora deciderà la Cassazione

Carlo Bellotto

PADOVA. La Procura generale ha impugnato di fronte alla Corte di Cassazione il patteggiamento dei manager di Grafica Veneta contestando la mancanza dell’indicazione della confisca provento del reato. L’impugnazione porta la firma del sostituto Antonio De Lorenzi. Per il reato di sfruttamento di manodopera avevano patteggiato 47.600 euro di pena ciascuno l’amministratore delegato Giorgio Bertan, 43enne di Camposampiero, e il responsabile della sicurezza Giampaolo Pinton, 60enne di Santa Giustina in Colle. Sembrava tutto chiuso con buona pace di accusa e difesa.

La confisca non eseguita

L’impugnazione si rifà alla mancata applicazione dell’articolo 603 bis del codice penale. Ecco cosa prevede: «In caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti è sempre obbligatoria, salvi i diritti della persona offesa alle restituzioni e al risarcimento del danno, la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto o il profitto, salvo che appartengano a persona estranea al reato». Il sostituto procuratore Andrea Girlando e il Gup Claudio Marassi hanno ritenuto che la consumazione del reato non ha portato benefici ai due manager, ma a Grafica Veneta che non era a processo come azienda. Diverso sarebbe stato se fosse emerso che i due dirigenti avevano percepito un premio di produzione per aver garantito costo di manodopera più basso. Ora, in media entro un anno, la Cassazione potrebbe esprimersi in due modi: rigettando l’impugnazione o rimandando al gup una nuova decisione rispettando l’articolo anzidetto e quindi determinando l’entità della confisca. Va detto che non è in discussione il patteggiamento visto che non c’è stata nessuna contestazione in merito alla pena di 6 mesi di carcere (arrivata per uno sconto di un terzo, rispetto alla pena base, previsto dal legislatore per il rito alternativo) convertiti in 45 mila euro di sanzione (250 euro al giorno per 180 giorni di carcere), aumentati di 2600 euro di multa, per un totale di 47.600 euro.

il processo continua

I due manager sono usciti di scena ma prosegue l’iter processuale a carico dei due imprenditori titolari di Bm Service con sede a Laives che forniva manodopera (Arshad Badar, 54 anni, e il figlio Asdullah Badar, 28 anni) ai loro luogotenenti e soldati (tredici in tutto, tre latitanti) che reclutavano e tenevano a bada i lavoratori con minacce, botte, soldi e documenti strappati con la forza. Operai pakistani messi a disposizione di Grafica da Bm Services, che aveva ottenuto l’appalto per l’impacchettamento dei libri. I lavoratori pachistani sono stati risarciti, da alcune settimane, hanno ricevuto dall’azienda di Trebaseleghe circa 20 mila euro a testa: un versamento volontario che li ha in parte ripagati da quanto sofferto a causa soprattutto della loro azienda, la Bm Service. Un risarcimento che sicuramente ha allentato molte tensioni e portato ad un patteggiamento che ora potrebbe riaprirsi.

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