La radio, voce senza tempo della nostra storia

Ha compiuto novant’anni e ancora brilla. Così è nata e cresciuta in Italia e nel Veneto
Radio host mixing --- Image by © Wavebreak Media Ltd/Veer/Corbis
Radio host mixing --- Image by © Wavebreak Media Ltd/Veer/Corbis

PADOVA. Attraverso questo apparecchio gli italiani hanno ascoltato i discorsi di Mussolini, l’elezione dei papi, lo scoppio della seconda guerra mondiale. Nel Veneto hanno appreso la liberazione di Venezia, la piena del Polesine, la tragedia del Vajont, la morte di Papa Luciani, il primo scudetto del Verona. Anche se la concorrenza della televisione, negli anni, si è fatta sentire.

Le voci di Franco Schepis, Eugenio Ottolenghi, Nino Vascon, Ranieri da Mosto, Virgilio Boccardi non diranno quasi nulla ai più ma rappresentano un pezzo di storia della radio Rai del Veneto. Virgilio Boccardi, classe 1928, ne ha scritto un libro, “La Rai a Venezia (dai dischi incerati ai videoregistratori)” nel quale racconta i primi anni del dopoguerra.

Se la Radio ha da poco compiuto novant’anni, nel Veneto è arrivata qualche anno dopo, a causa della limitata elettrificazione del paese e dal ritardo dell’entrata in funzione della stazione radiofonica, avvenuta a Padova, Venezia e Verona solo nel 1939. La radio si poteva ascoltare in onde medie sulla frequenza kw ant. 0,25 a Padova, a Venezia su kw ant. 5 e a Verona su kw ant. 1. La trasmissione più ascoltata era il Giornale Radio del mattino: alle 7.30 e alle 8.15, poi anticipati alle 7.15 e alle 8.15. La domenica, edizione unica alle 8.

Gradualmente, l’apparecchio è entrato in quasi tutte le case: prima negli esercizi pubblici del paese, poi a casa del medico, del farmacista, del notaio. L’abbonamento costava come lo stipendio di un impiegato e un apparecchio valeva un terzo di una Fiat Balilla. I modelli della Compagnia Generale di Elettricità si chiamavano Consoletta, Audiola, Supersei, Fonoletta ed erano autentici mobili con incorporato l’apparecchio con valvole a globo (o a pera): sul frontale tre manopole consentivano di dosare volume, canali vicini e lontani e sintonia.

La diffusione degli apparecchi avvenne con sempre maggiore vigore dopo la seconda guerra mondiale: «Entrai alla Rai come attore, per realizzare commedie radiofoniche» racconta Virgilio Boccardi. «Ricordo che un giorno dovetti riprodurre il suono dello sciacquio di remi di una gondola. Da veneziano avevo una certa esperienza e riuscii a farlo esattamente. Ogni domenica andava in onda alle due del pomeriggio “El Liston”, una trasmissione regionale di satira su quello che succedeva nelle nostre città: dalle immondizie ai vaporetti, dalla sanità alla politica. Gli autori erano Giuseppe Maffioli e Giancarlo Cappellaro. Provavamo a casa mia fino alle due notte, al pianoforte c’era una giovane musicista, Luciana Crovato, che poi diventò mia moglie. A Venezia, dove nel frattempo si era costituita la redazione radiofonica con a capo Eugenio Ottolenghi, mi chiesero di realizzare delle interviste a personaggi della cultura e della società. Il passaggio da attore radiofonico a giornalista fu così completato».

Alla radio passavano Radio Sera, Luci dal mondo, il Gazzettino padano, Schermi e ribalte; Ciak di Lello Bersani fu la prima rubrica radiofonica interamente dedicata al cinema. «La cosa più bella che facevano all’epoca» aggiunge Boccardi «erano i documentari radiofonici, autentiche inchieste sulle nostre città: a Roma ti confrontavi con gente come Tito Stagno, Sergio Zavoli, Piero Angela, Alberto Giubilo. Era una grande scuola di giornalismo. Ne ricordo una in particolare, quella sulla storia dei Monte di Pietà, ma sono tantissime».

Per gran parte del secolo scorso, le principali notizie sono state diffuse prima dalla radio e poi dalla televisione. Attraverso la radio i veneti hanno appreso, al mattino del 10 ottobre 1963, le prime notizie della tragedia del Vajont, dacché la televisione non era ancora così diffusa: il primo ad accorrere fu il giornalista veneziano Nino Vascon, che riuscì a contenere l’emozione di fronte al disastro della valle del Piave. Dalla radio abbiamo saputo della improvvisa morte di Papa Luciani, all’alba del 28 settembre 1978. E dai radiogiornali del Veneto abbiamo saputo del rapimento e dell’uccisione del direttore del petrolchimico Giuseppe Taliercio, vittima delle Brigate Rosse. Dalla radio ancora abbiamo seguito la serie crescenti di arresti della tangentopoli veneta del 1992.

Alla radio pubblica nel Veneto sono legati i ricordi di molti ascoltatori: Paolo Arcella era la voce dello sport, Mirko Petternella quella del rugby, Gianni Raccanelli il timbro della Mostra del cinema di Venezia.

Oggi il panorama radiofonico è radicalmente cambiato: lo strumento ha superato l’avvento della televisione e sta brillantemente superando anche quella della Rete. La radio è più viva che mai: probabilmente sopravviverà alla televisione.

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