La scuola padovana mette in piazza i suoi guai. «È tutto come prima del lockdown»

Sotto Palazzo Moroni la manifestazione promossa dal Cesp, presenti anche gli Studenti Medi e i docenti precari  
MARIAN - AGENZIA BIANCHI - PADOVA - PROSTESTA SCUOLA A PALAZZO MORONI
MARIAN - AGENZIA BIANCHI - PADOVA - PROSTESTA SCUOLA A PALAZZO MORONI

il racconto

La ripresa della scuola, immaginata e promessa dal ministero, è sulla carta, non in classe: mancano spazi, le strutture sono quelle del pre-lockdown, docenti e risorse non se ne trovano e pare che nessuno tenga in conto della socialità dei ragazzi. A due giorni dall’inizio dell’anno scolastico, il Centro studi per la Scuola Pubblica (CESP) è tornato in piazza per dire cosa manca alla scuola. A cominciare dalla “didattica integrata”, una formula diversa per leggere scuola on line.



l’ibrido che non piace

«Al Marchesi», spiega il docente di filosofia Maurizio Peggion, «si garantirà agli studenti di prima e a quelli di quinta la didattica in presenza. Per tutti gli altri ci sarà invece una formula ibrida: alcuni in classe e altri, a rotazione, da casa. In altre parole gli alunni in eccedenza rispetto alle misure previste dal distanziamento Covid resteranno a casa. In ogni aula parliamo di minimo 3-5 ragazzi, massimo 10. Questa organizzazione, c’è da immaginarselo, darà problemi. Senza contare che non capiamo perché il ministero non abbia pensato a una piattaforma sua, invece di affidarsi a Google. Queste piattaforme private sono create per generare profitto e il ministero ha regalato e continua a regalare i dati di migliaia di studenti, per di più a realtà che non pagano nemmeno le tasse nel nostro paese. Inoltre le classi che si stanno formando non vanno bene. Si sarebbero dovute sdoppiare in classi da 15 ragazzi o aumentare gli spazi; si sarebbero dovuti investire soldi, invece di prolungare l’emergenza e, di fatto, non garantire completamente il diritto allo studio».



senza spazi si sta a casa

Al Calvi le regole adottate dalla scuola sono uguali, se non più rigide: «Tutte le classi, tranne le quinte, faranno parzialmente lezione da casa», spiega la professoressa di Diritto ed economia Lia Toller. «Il problema non è la scuola ma le strutture in generale che non hanno abbastanza spazio. La verità è semplicissima: non si può garantire il distanziamento e i ragazzi saranno costretti a indossare la mascherina o a fare scuola on line. Al Calvi anche i corsi di recupero sono stati rimandati perché si è pensato fosse meglio inserirli in un percorso scolastico avviato. Poi ci sarà da pensare alla sorveglianza, alla gestione degli ingressi e delle uscite: al Calvi per esempio sono state organizzate due fasce orarie, una alle 8 e una alle 9 per gli ingressi. Ma il nocciolo della questione è che il ministero ha scaricato tutto su dirigenti e professori: la responsabilità di evitare il contagio sembra solo nostra».

i pollai e i focolai

Sulla stessa linea anche gli Studenti Medi: «Le classi a scuola sono piccole e le classi “pollaio” potremo ribattezzare classi “focolaio”», tuona Tommaso Biancuzzi, coordinatore regionale Studenti medi. «Delle due l’una: o si nega il diritto allo studio o quello alla salute. Inoltre siamo molto preoccupati e indignati per la mancanza di interventi sui trasporti pubblici: non sono previste corse aggiuntive, se non in maniera irrisoria e quindi avremo bus pieni; l’abbonamento non è stato scontato e costa 600 euro (e anche di più). Ci domandiamo come le famiglie pagheranno quest’anno i libri di testo, 400 euro per le scuole superiori, quando sono economicamente in ginocchio. E la Regione latita: per i libri ha messo spiccioli e per i trasporti, a sua totale competenza, niente».



gli asili in un mare di dubbi

In ansia anche le scuole dell’infanzia: «Alla Boranga», riferisce l’insegnante Erika Rigolin, «non abbiamo ancora tutto il personale docente e Ata, senza contare gli insegnanti di sostegno, di cui non sappiamo proprio nulla. Inoltre non sono ancora arrivati i dispositivi anti-Covid (mascherine e termoscanner) a due giorni dall’inizio». Infine i precari, mai come quest’anno arrabbiati: «Le 60 mila assunzioni sono parole al vento», scandisce Anna Rossi, prof di Matematica e fisica, «perché verranno fatte dopo il concorso straordinario che sarà In autunno e personalmente dubito anche che si faccia. Io non conosco ancora la mia destinazione, ma so che si sta creando un iper precariato, ovvero quello dei docenti di potenziamento (se un laboratorio ha la capacità massima di venti alunni e la classe ne conta 25, cinque resteranno con i prof di potenziamento), che verrebbero “scaricati” senza troppi complimenti in caso di lockdown». —




 

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