LA STORIA / Costretto all’aspettativa per aiutare il papà malato

VOLTABAROZZO. Alcune persone imparano presto che la vita è difficile, tanto da sembrare una fregatura. Massimo Rango oggi ha 49 anni, ma ne aveva appena 20 quando ha perso la mamma, a 51 anni. Si è trovato, con la sorella Ornella, a fare i conti con una famiglia diversa dalle altre. In casa anche i fratelli Luigi, oggi 47 anni, cerebroleso dalla nascita e Morena, schizofrenica, oggi in comunità. Sarà per questa «palestra di vita»che sia Massimo sia Ornella sono diventati operatori socio-sanitari in una struttura per anziani.
Quello che Massimo non immaginava è che l’amore filiale e fraterno può logorare un matrimonio, fino a ridurlo a brandelli, com’è accaduto al suo legame con una donna di Lecce. Quello che Massimo non si sarebbe immaginato è l’Alzheimer del papà Salvatore, 83 anni, imbianchino in pensione. E soprattutto Massimo non avrebbe mai pensato di perdere la fiducia verso le istituzioni, quei pilastri della società che ci insegnano a rispettare e a stimare. «L’assistente sociale, la referente per Voltabarozzo, dove viviamo nelle case Ater di via Pizzamano», racconta, «che dovrebbe occuparsi del nostro caso, se ne frega completamente. Dietro suo suggerimento io e mia sorella ci siamo indebitati per comprare i mobili nuovi in casa e sistemare il bagno perché mio padre spesso sbatteva contro l’arredamento, e non è neanche venuta a vedere. Chiedo di poter mettere mio padre in una casa di cura, ma da solo non posso farcela economicamente: mio padre ha 1.100 euro di pensione, non sono sufficienti a coprire le spese di una casa di cura, ma il Comune non sembra interessato a dargli una mano. Mio fratello Luigi, di cui voglio occuparmi io, tra pensione ed accompagnamento, ha 780 euro con i quali, senza di me, nemmeno potrebbe sopravivere ed io arrivo a 1.100 euro al mese. Per un posto in una casa di riposo ci vogliono una caparra di 3 mila euro e quasi 2 mila euro di mensilità».
Da un anno Massimo ha chiesto l’aspettativa per occuparsi a tempo pieno della famiglia. «Ma quando finirà il tempo», si domanda, «cosa farò? Mio padre si è buttato tre volte dal balcone. Siamo al primo piano e, miracolosamente, non si è mai fatto troppo male. La notte devo chiudere le porte a chiave altrimenti cerca di scappare e, da ultimo, l’ho trovato che dormiva nascosto nell’armadio. Devo dire grazie ad un gruppo di amici e ad alcuni vicini di casa se sopravvivo». «E’ un uomo da ammirare, non so quanti lo farebbero», commenta la vicina Monica, «ma ha anche il diritto di avere una vita sua».
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova