La testimonianza: «Quei primi tamponi Covid trattati come fossero delle bombe»

Il racconto di Elisa Destro, la operatrice che un anno fa portò i test al professor Crisanti 
Elisa Destro mentre porta i primi tamponi a Crisanti
Elisa Destro mentre porta i primi tamponi a Crisanti

VO'. Mascherina, guanti, camice e in mano il contenitore con quelli che erano i primissimi tamponi fatti agli abitanti di Vo’, corsi in ospedale la notte in cui si è diffusa la notizia che il Covid era arrivato anche da noi. «Questa foto l’ho scattata un anno fa, poco dopo la mezzanotte, in risposta a dei messaggi di mio fratello: aveva saputo dalla tv del primo caso Covid trasferito nel reparto di Malattie Infettive a Padova», racconta Elisa Destro, 41 anni, dal 2013 operatrice sociosanitaria nel reparto dell’Azienda Ospedaliera.

«In Microbiologia mi ha aperto la porta il professor Crisanti, mi ha fatto strada per il laboratorio, dove ho lasciato i tamponi. Come fossero una bomba». È già passato un anno eppure sembra ieri.

«Ricordo che sono stata chiamata d’urgenza per coprire il turno della notte. Quando sono arrivata, alle 20, c’erano tantissimi pazienti che, partiti da Vo’ e senza neppure passare per il Pronto soccorso, erano venuti da noi per fare il tampone». Sono stati momenti di grande concitazione.

«I telefoni erano incandescenti. La gente chiamava e chiedeva cosa doveva fare se era stata al bar in questione, se aveva avuto un contatto con uno dei primi due positivi. Nel frattempo i portantini avevano iniziato a trasferire i nostri pazienti al Monoblocco per liberare le stanze di Malattie infettive». Dal giorno dopo sono iniziati i ricoveri, che in breve tempo hanno riempito il reparto.

Dopo un anno, Elisa tira le somme su dodici mesi intensi: «Voglio sottolineare l’importanza di tutte le persone che mi hanno accompagnato in questi 365 giorni, dalla mia famiglia, che mi ha capita nei momenti difficili, a mio figlio, che a 8 anni ha dovuto capire il termine pandemia e rinunciare ai miei abbracci. E poi amici e colleghi, tosti come pochi: nonostante la tensione siamo sempre rimasti uniti. E ancora la mia caposala Donatella, i colleghi oss e infermieri venuti in supporto, la Cisl per non averci mai abbandonato». —


 

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