«Ladra nomade incinta, per lei meglio il carcere: sarà protetta»

PADOVA. Stavolta la maternità non è stata il passepartout per la libertà. Tutt’altro. Con una decisione rivoluzionaria, che cambia l’orientamento finora consueto richiamandosi ai principi espressi dalla Carta Costituzionale, una “presunta” ladra incinta e ormai al quinto mese di gravidanza, è stata spedita dietro le sbarre. Di fronte ai gravi indizi di colpevolezza, nessuna misura cautelare alternativa alla carcerazione (obbligo di dimora o arresti domiciliari, per fare un esempio). Il gip padovano Mariella Fino ha convalidato l’arresto per furto e poi ha applicato il carcere nei confronti di Giulia Veljkovic, nata a Schio nel Vicentino 22 anni fa, nomade di origine croata, e attualmente detenuta nel carcere femminile di Verona. Tra i valori primari indicati nella Costituzione ci sono la tutela della maternità e dei bambini. «In questo caso tale tutela è possibile solo mediante custodia carceraria che allontana la donna gravida dall’ambiente inadeguato in cui vive» si legge nel provvedimento firmato dal giudice Fino con riferimento agli articoli 30 e 32 della fonte primaria di tutte norme.
L’arresto. Veljkovic era stata arrestata il 23 aprile per il furto in un’abitazione viale Stazione a Montegrotto insieme alla connazionale Arianna Kriz. L’indagine dei carabinieri ha svelato che il 30 marzo aveva messo a segno un precedente colpo (preziosi per 9 mila euro di valore) in un altro appartamento di Abano in piazza Cortesi 9: a smascherarla le riprese dell’impianto di videosorveglianza installate in strada. Di fronte alla sfilza di precedenti (23 arresti per reati contro il patrimonio commessi dal 2007 a oggi anche in Austria e in Germania, due condanne definitive una delle quali inflitta quando era minorenne), il pm Benedetto Roberti, titolare dell’inchiesta, ha sollecitato la misura massima del carcere insistendo sul pericolo di fuga, nonostante la giovane età dell’indagata. Indagata che non lavora, vive grazie ai proventi di attività illecite e non ha mai avuto una dimora fissa. Ieri davanti al gip Fino, durante l’interrogatorio per la convalida, la 22enne si è avvalsa della facoltà di non rispondere, spiegando di essere in dolce attesa. Di vivere nel campo nomadi di Padova in via Longhin (campo in cui, invece, non risulta risiedere). Di essere nubile, senza lavoro e già mamma di tre bimbi di 2, 3 e 7 anni.
La motivazione. Sperava almeno negli arresti domiciliari, come di solito succede. Stavolta è andata diversamente. Per il giudice, meglio il carcere. La decisione si fonda su due valutazioni. La prima: Veljkovic è dedita in modo sistematico ai furti sia in Italia e all’estero: non risiede nel nostro Paese, cambia identità e si sposta di continuo. Conclusione: è socialmente pericolosa e gli arresti domiciliari non sarebbero attuabili. La seconda valutazione trova radici nel dettato costituzionale. Secondo il gip Veljkovic «tiene - o è obbligata a tenere - una condotta di vita incompatibile con le primarie esigenze di salute sue e del bambino che porta in grembo: i 24 furti commessi in varie regioni italiane (compreso quello di Montegrotto), in Austria e Germania implicano l’esposizione a seri rischi». Qualche esempio? Una fuga precipitosa o la necessità di fronteggiare un derubato che reagisce. «Il continuo spostarsi non consente al figlio di 7 anni di frequentare la scuola, agli altri due di ricevere appropriate attenzioni e cure». Meglio il carcere: «Sia l’indagata, che i tre figli e quello che deve nascere meritano tutela. Tutela che non può prescindere da un radicale allontanamento da un ambiente criminogeno: non a caso Veljkovic non ha fatto alcun nome, né dei familiari con cui vive né del padre dei suoi figli. Le persone con cui vive non solo non la proteggono, ma, molto probabilmente, la inducono a continuare a delinquere nonostante (o forse a causa) della gravidanza». Il carcere può essere un posto migliore.
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