L’alluvione è solo un ricordo ma la sicurezza del territorio della Bassa resta ancora un fronte aperto

Il Primo Novembre la ricorrenza della grande emergenza che colpì il Padovano e il Veneto nel 2010. Tanti i cantieri attivati, come i bacini di Trissino e Caldogno: i sindaci chiedono nuovi investimenti
Una parte dell'area allagata nella Bassa
Una parte dell'area allagata nella Bassa

MEGLIADINO SAN FIDENZIO. Megliadino San Fidenzio, ore 14.26 dell’1 novembre 2010. Dieci anni fa, tondi tondi. A quel minuto spaccato venti metri di argine cedono in località Pra’ di Botte, facendo riversare milioni di metri cubi di acqua del fiume Frassine su Roaro, Cabriani, Saletto e Dossi, Ospedaletto Euganeo e in parte Este.

Entro sera la falla arriva a toccare una lunghezza di 150 metri, invadendo centinaia di case e aziende. Hanno inizio qui i dolorosi giorni dell’alluvione della provincia di Padova, di cui oggi ricorrono i dieci anni. La forte perturbazione di origine atlantica e il vento caldo di scirocco che scioglie la neve impediscono il normale deflusso dei fiumi in mare Adriatico.

I disastri si susseguono a catena, forti - più che della pioggia - della fragilità degli argini e del sistema idraulico locale.

In poche ore lo scolo Vampadore straripa allagando Megliadino San Vitale e Casale di Scodosia, lambendo Montagnana. Il Brancaglia scarica ore di terrore su Carceri e Vighizzolo.

Il Bacchiglione rompe gli argini all’altezza della discarica di Ponte San Nicolò, inondando, oltre alla frazione di Roncajette, anche Casalserugo, Bovolenta e Maserà. In ammollo va anche la Paltana a Padova.

Nel cuore della notte a Veggiano il Tesina padovano rompe l’argine destro prima dell’affluenza con il Bacchiglione, e poi esonda il Tesinella e si aprirono numerosi fontanazzi lungo gli argini degli altri affluenti. Per oltre una settimana il livello delle acque supererà il metro e mezzo con punte oltre i 2 metri.

In Veneto, a emergenza passata, saranno 500 mila le persone coinvolte, con 3.500 evacuazioni, 3 morti e 151 mila animali feriti. Il danno? 426 milioni in tutta la regione, 82 dei quali per Casalserugo e 69 per Saletto (oggi Borgo Veneto).

Grazie a questa tragedia ambientale, il Veneto si rende conto della fragilità del suo sistema idraulico. Lo capiscono tutti: i cittadini che si ritrovano a dover lasciare le case allagate, i sindaci costretti a trovare alloggi e ripari di fortuna alla popolazione, le istituzioni che non riescono a fermare la furia dell’acqua. Tra le più importanti opere che partono in risposta a quell’emergenza, fondamentali per il territorio padovano, ci sono due grandi bacini di laminazione, chiamati al contenimento in caso di piena dei fiumi.

C’è il bacino di laminazione di Caldogno (Vicenza), 105 ettari in tutto, lungo il torrente Timonchio: i lavori iniziano nel 2013 e finiscono tre anni dopo. Vengono spesi 41 milioni di euro con un volume massimo invasabile di 3,8 milioni di metri cubi d’acqua.

L’altro grande cantiere, quasi terminato, è quello dell’adeguamento dei bacini di laminazione lungo l’Agno Guà (il fiume che poi cambia nome e diventa Frassine) a Trissino e Tezze di Arzignano (sempre nel Vicentino): 22,7 milioni per un bacino di 44 ettari, che garantisce un invaso per 2,7 milioni di metri cubi d’acqua. E poi una lunga serie di interventi per consolidare gli argini, pulire i letti, creare canali di sfogo, potenziare gli impianti idrovori.

Si lavora ancora, appunto. Lungo il Bacchiglione in questi giorni le ruspe sono attive giusto di fronte al punto in cui dieci anni fa la forza dell’acqua si aprì una breccia nell’argine davanti alla discarica di Roncajette. Sulla sponda opposta del fiume il Genio Civile sta rafforzando l’argine perché una rottura in questo punto manderebbe sott’acqua anche Piove di Sacco.

«È il secondo stralcio di un intervento che attendiamo dal 2014» spiega il sindaco Alice Bulgarello «iniziato la primavera scorsa più a monte per sistemare i punti più deboli dell’argine. Con una spesa di 2 milioni di euro vengono ricostruiti i tratti franati e rinforzati i terrapieni. Negli anni c’erano già stati degli interventi e con questo ora viene messo in sicurezza un tratto particolarmente fragile».

Anche il ponte della Riviera, che ora la Provincia sta costruendo ex novo, era stato indebolito dalla piena.

La necessità di una manutenzione costante è un punto fermo anche per il sindaco di Casalserugo, Matteo Cecchinato: «La Regione deve finanziare un capitolo di spesa dedicato al monitoraggio, alla sorveglianza e agli interventi di mantenimento dei nostri argini. Va posta attenzione anche ai danni provocati dalle nutrie. Finora sono stati sistemati i tratti più deboli ma tutto il corso del fiume ha bisogno di manutenzione: in alcuni punti ci sono alberi che potrebbero creare problemi in caso di piena».

A Bovolenta è ormai completato il rinforzo dell’argine nord con la costruzione di un diaframma in cemento per proteggere il centro del paese. Un’opera da 3 milioni di euro.

«A fine agosto» spiega il sindaco Anna Pittarello «è stato completato il collaudo, intanto il Consorzio di bonifica Bacchiglione ha costruito la nuova chiavica in via Macello, mentre il Genio sta appaltando un altro cantiere da 1,4 milioni di euro per la sistemazione delle infiltrazioni ai murazzi che proteggono le piazze». Si lavora, da dieci anni, per far sì che quando comincia la pioggia, non si debba incrociare le dita. –


 

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