«L’arredamento deve adeguarsi alle nuove relazioni sociali»

Stefano Schiavo: «La produzione finalizzata esclusivamente al catalogo e all’esposizione in fiera ha frenato lo sviluppo»

«Non basta il catalogo, né il semplice bazar dove esporre la collezione elaborata in un anno di lavoro. Anche le fiere non viaggiano più al ritmo dell’innovazione». Stefano Schiavo, co-fondatore di Sharazad e imprenditore per nuovi concept sociali, parla chiaro: «I ritmi sono mutati. Il settore era cadenzato da un rigoroso calendario basato su eventi clou come il Salone del Mobile e altre esposizioni estere. Ma questa scansione ha limato l’innovazione. Le aziende che ne sono uscite hanno cambiato format e capito che design e arredamento accendono nuove aree dell’economia come retail, food e business. Sono cambiate le relazioni sociali ma gran parte del comparto non crede che ciò sia importante. E sbaglia».

Un esempio?

«L’ufficio chiuso è sempre meno funzionale a un mercato del lavoro che ha a che fare con freelance e partite Iva che operano in auto lungo le strade. Progettare open space o uffici per questi professionisti usciti dalle aziende è una necessità. La svolta è immaginare il prodotto in nuovi contesti sociali. Basti pensare ai single che ormai superano le famiglie».

Qual è stata la risposta delle Pmi alla grande crisi?

«La spirale di un mercato sempre più complesso ha disorientato molti. Tante strutture erano organizzate e programmate a catalogo, ma nulla è più prevedibile e i clienti chiedono flessibilità e soluzioni costumizzate. Molti non sono riusciti a elaborare il cambiamento».

Quali ancora i limiti del sistema?

«Il passaggio generazionale trova grande difficoltà nel compiersi. Spesso i figli hanno contrasti nella gestione per colpa dei retaggi di un passato rimasto nella testa di genitori e dipendenti. Ma oggi servono più responsabilità e idee, meno esecuzione».

Quanto si sta investendo su nuove tecnologie e digitale?

«Molte aziende, purtroppo, non hanno ancora compreso l’importanza del digitale che non è solo marketing ma un database di relazioni strutturate e condivise. Registrare contatti, incontri e relazioni è fondamentale. Il business si crea da qui».

L’e-commerce è un optional o una pratica diffusa?

«Lo spazio del web è una finestra diretta con i clienti e uno spazio di aggregazione pari al negozio: una nuova economia attorno alle iniziative fisiche. Sono due livelli, fisico e virtuale, che si sommano ma non si sostituiscono».

Considerando la concorrenza, quali le chance per le nostre Pmi nel globo?

« La differenza la fa l’imprenditore che capisce meglio il mercato, viaggia e fa viaggiare i dipendenti, li forma (e da troppo tempo si trascura la formazione). Il mio consiglio è uscire dalle aziende e costruire nuovi business dove comprendere le nuove tecnologie».

II trend del settore?

« I fondi americani e europei del settore immobiliare ci dicono che la crisi è finita, il problema è come ricostruire. Siamo pieni di edifici dove si è pensato all’involucro ma non a come riempire gli spazi, riqualificando anche interi quartieri. Quello che deve fare un’azienda oggi è trovare la connessione tra chi pensa questi luoghi e chi crea i prodotti che poi vanno inseriti».

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