«Lasciatemi pure in prima linea contro il Covid a Piove di Sacco»

Adele, medico di 26 anni, già abilitata e impegnata nei reparti Covid, dovrà abbandonare l’ospedale di Piove per la specializzazione. L’appello: voglio restare in trincea

PIOVE DI SACCO. Per mesi ha lavorato in prima linea, accanto ai malati Covid: ora inizia la specializzazione e passa al più tranquillo reparto di Ginecologia. Ma lei chiede di restare in prima linea, a combattere il Covid. Questa mattina la dottoressa Adele Zappalà, 26 anni, laureata in Medicina nel 2019 all’Università di Padova, con abilitazione in tasca già da un anno, inizia il corso di specializzazione in Ginecologia con l’équipe coordinata dal professore Erich Cosmi.

Il corso dura cinque anni e il giovane medico dovrà garantire 38 ore di studio-lavoro alla settimana, usufruendo di uno stipendio che non la farà certo arricchire. Adele si presenterà al primo giorno di specializzazione con tante speranze per il futuro, ma, nello stesso tempo, affronterà il nuovo lavoro con una grande amarezza nel cuore.

Da numerosi mesi, infatti, la dottoressa, dopo aver partecipato e superato un bando di concorso per l’emergenza Covid-19, lavora, nove ore al giorno, all’ospedale di Piove di Sacco, nel reparto di Medicina guidato dal primario Giancarlo Parisi, seguendo i malati di Covid. In pochi mesi ha dato sempre il meglio di sè. In base alla normativa vigente, però, la dottoressa non può conservare il posto di lavoro all’ospedale di Piove e, nello stesso tempo, frequentare il corso di specializzazione a Padova con il professor Cosmi.

«Io, invece, vorrei tanto poter continuare a lavorare nell’ospedale di Piove per continuare a curare i malati di Covid», spiega la giovane dottoressa, «È un lavoro impegnativo, certo, ma appunto per questo mi piace moltissimo. Anche perché mi fa sentire utile per una causa, che è anche sociale e umanitaria, che mi sta facendo realizzare come persona. Prima mi hanno dato la possibilità di lavorare, praticamente appena dopo la laurea, gettandomi subito nell’oceano e dicendomi d’imparare a nuotare da sola ed adesso mi chiedono di mettermi da parte e di non lavorare più in prima linea accanto ai malati Covid. Anche se è rischioso e un eventuale contagio è sempre dietro l’angolo, vorrei tanto continuare ad aiutare i pazienti che devono lottare contro questa malattia».

Aggiunge: «Come mai i medici assunti come Usca (Unità speciali di continuità assistenziale, ndr) possono continuare a lavorare per curare a domicilio i positivi al Coronavirus e, nello stesso tempo, frequentare i corsi di specializzazione in ospedale, mentre quelli che, come me, sono stati assunti direttamente negli ospedali, devono scegliere o l’uno o l’altro? Lancio un accorato appello alle autorità sanitarie regionali affinché vengano affrontati e risolti casi come il mio». —


 

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