L’avvocato Campi perquisito dalla Finanza è procuratore sportivo

Hanno rappresentato in alcuni procedimenti civili e penali la presunta usuraia trevigiana Lea Caminiti, i tre avvocati veneziani indagati dalla Procura di Vicenza con l’accusa di favoreggiamento all’attività della donna, finita venerdì agli arresti domiciliari insieme al consulente bassanese Raffaello Gnoato, con l’accusa di aver imposto tassi da strozzinaggio a un imprenditore veneziano nel settore delle pulizie e servizi alle imprese, in grande difficoltà: il 30 per cento, su un prestito di mezzo milione di euro.
In concomitanza con l’arresto della donna la Guardia di Finanza ha perquisito anche lo studio in via Fapanni a Mestre degli avvocati civilisti Patrizia Tagliapietra e Andrea Campi (nella foto), quest’ultimo conosciuto per la sua attività di mediatore nel mondo del calcio (ha rappresentato anche giocatori di serie A, in collaborazione con procuratori blasonati) e per aver per anni lavorato come legale di associazioni di consumatori. Ieri, Campi ha declinato l’invito a dare la sua versione dei fatti: «Voglio parlare prima con il mio avvocato e leggere bene il fascicolo», ha detto al telefono. Secondo l’ipotesi d’indagine della Procura vicentina, i legali si sarebbero adoperati a diverso titolo per recuperare il prestito dall’imprenditore veneziano, che con la sua denuncia ha dato il via alle indagini nel 2016: ai finanzieri ha raccontato che era stato il suo commercialista Gnoato a metterlo in contatto con Lea Caminati e il marito (poi morto), “persone fidate”. L’imprenditore si è ritrovato a restituire 780 mila euro a fronte di un prestito di 500 mila, ma con ancora molto danaro da restituire. Alla perquisizione dello studio Tagliapietra-Campi - dal quale i finanzieri hanno portato via alcune pratiche -ha assistito come da prassi anche un delegato del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Venezia: la legge non prevede che un avvocato sotto indagine sia automaticamente sospeso dalla professione. Un’eventuale decisione in tal senso spetta al Consiglio disciplinare dell’Ordine, solo dopo un’istruttoria e aver chiesto chiarimenti ai colleghi interessati. (r.d.r.)
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