Le 5 cose da sapere sull'inquinamento da PFAS in Veneto

Dallo scoppio del caso nel 2013 al recentissimo fallimento della Miteni, indiziata numero uno, tutte le tappe e le contraddizioni della vicenda

È stata dichiarata fallita la Miteni, l'azienda di Trissino sospettata di essere la principale responsabile dell'inquinamento da Pfas tra Vicenza, Verona e Padova. Lo ha reso noto l'assessore veneto al lavoro Elena Donazzan confermando che la Regione, «assistita anche dall'unità regionale di crisi, si rende già da subito disponibile ad affrontare l'evolversi della vicenda con la curatela fallimentare e le organizzazioni sindacali».

1) Cosa sono i PFAS

Le sostanze perfluoroalchiliche (PFASs) sono composti chimici utilizzati in campo industriale per la loro capacità di rendere i prodotti impermeabili all’acqua e ai grassi. I PFAS vengono impiegati dagli anni ’50 per la produzione di numerosi prodotti commerciali: impermeabilizzanti per tessuti; tappeti; pelli; insetticidi; schiume antincendio; vernici; rivestimento dei contenitori per il cibo; cera per pavimenti e detersivi.

L’utilizzo più noto di questi composti è probabilmente per il rivestimento antiaderente delle pentole da cucina (Teflon®) e nella produzione dei tessuti tecnici (GORE-TEX®, Scotchgard™). I PFAS sono una classe di composti costituiti da una catena alchilica idrofobica completamente fluorurata di varia lunghezza (in genere da 4 a 16 atomi di Carbonio). Gli acidi prefluorurati sono i composti fluorurati maggiormente riscontrati nei campioni ambientali. (fonte: Legambiente)

2) Lo scoppio del caso: come, quando e perché

Il caso scoppia in Italia (cioè in Veneto) nel 2013, perché nello stato americano dell’Ohio l’azienda DuPont viene accusata d’aver inquinato per oltre cinquant’anni le falde acquifere di 70 mila persone. Così, ricerche analoghe vengono avviate in Europa e in Italia.

Uno studio del CNR determina la presenza di PFAS in molte aree d’Italia, e in particolare in Veneto, considerato la regione più inquinata.In particolare, il fenomeno interessa una trentina di comuni tra le province di Vicenza, Verona e Padova.

A quel punto, su indicazione del Ministero dell’ambiente, la Regione Veneto dà incarico ad Arpav di individuare le cause dell’inquinamento che vengono fatte ricadere su un’azienda di Trissino (Vicenza), la Miteni, indicata come principale fonte di contaminazione, essendo l’unica azienda del Nord Est d’Italia a produrre sostanze perfluoroalchiliche.

3) Cosa è la Miteni e a chi appartiene

Miteni Spa, ex Rimar, è una fabbrica chimica di Trissino (Vicenza) specializzata nella produzione di prodotti di chimica fine, composti fluorati e loro derivati dal 15/07/1988 e nella fabbricazione di prodotti chimici vari per uso industriale, inclusi i preparati antidetonanti e antigelo.

Controllata in Lussemburgo, appartiene alla holding International Chemical Investors S.E. di cui amministratore unico Martin Leitgeb, a sua volta fecente capo a ICIG (International Chemical), gruppo industriale privato con oltre seimila dipendenti in tutto il mondo e trenta stabilimenti di cui 10 in Germania, 5 in Italia, 4 in Francia e negli USA, specializzata nell’industria farmaceutica. (Fonte: visure camerali, Registro delle Imprese)

Miteni ha risposto alle accuse pubblicando un suo dossier commissionato a Global Market Insight nel quale tra l’altro attacca il distretto della concia: "Ogni anno cento tonnellate di perfluorurati entrano nell'ambiente dalle lavorazioni industriali”, ovvero la concia della pelle. Sono oltre 500 le industrie dell'Alto vicentino, secondo il censimento fatto dalle stesse organizzazioni di categoria, che nel ciclo produttivo utilizzano Pfas come leganti o additivi. (Fonte: Repubblica)

4) La gestione dell'emergenza

L’area interessata dall’inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) è pari a circa 180 km2 di un vasto territorio con una popolazione stimata di 300 mila abitanti. All’interno di questo territorio trenta comuni  si sono trovati a dover far fronte all’inquinamento anche dell’acqua potabile, visto che la loro fonte di approvvigionamento risulta fortemente inquinata dai PFAS.

Attualmente per rispettare i limiti obiettivo imposti dalla Regione Vento su indicazione dell’ISS, questi comuni hanno dovuto dotarsi di un sistema di filtrazione a carboni attivi, un sistema molto costoso. I filtri devono essere cambiati ogni 4 mesi al costo di c.a. 600.000,00 Euro annui.

Nel territorio molte famiglie non sono servite dall’acquedotto ed attingono l’acqua per uso alimentare e irriguo da pozzi privati, molti dei quali altamente inquinati per effetto di queste sostanze.

La Regione Veneto ha emesso un’ordinanza che impone anche per i pozzi privati il rispetto degli stessi limiti previsti per l’acqua d’acquedotto, per questo motivo l’utilizzo di molti pozzi privati è stato vietato.

L'Arpav ha segnalato alla Provincia di Vicenza il fatto che non vi sono falle, ma che c'è un inquinamento ambientale riferibile agli ultimi quattro anni di attività, il che prova che le attività in questione non sono state svolte in un quadro di sicurezza ambientale.

5) La battaglia sui limiti

Il 3 ottobre 2017 la la Giunta regionale del Veneto deliberato nuovi limiti (i più restrittivi d’Europa) sui Pfas, stanziando contemporaneamente un milione 200 mila euro per il potenziamento dei filtri negli acquedotti. Limiti "determinati in pari o inferiori a 90 nanogrammi per litro per “PFOA + PFOS”, di cui il PFOS non deve essere superiore a 30 nanogrammi per litro ed i valori della somma degli “altri PFAS” deve essere uguale o inferiore a 300 nanogrammi per litro”. (fonte: Regione Veneto)

Secondo Legambiente, “i limiti attuali sono assolutamente insufficienti e ancora mancano limiti precisi per le matrici alimentari e per la presenza dei contaminanti in questione nei terreni”.

Il ministro dell'Ambiente Sergio Costa, al quale Greenpeace e Legambiente hanno chiesto di normare la presenza delle sostanze perfluoroalchiliche nelle acque di falda, uniformandola ai valori più restrittivi vigenti nel mondo, si è impegnato a fissare limiti nazionali per i Pfas (al momento ci sono solo in Veneto). Costa incontrerà nuovamente i comitati per fare il punto sugli sviluppi della vicenda.

Secondo il Sole24Ore,  “Dopo la scoperta del caso del veneto, l'Italia è stato il primo Paese europeo a studiare gli standard e le metodologie e quindi a darsi limiti alla presenza massima di questi composti nelle acque sotterranee (la falda acquifera) e superficiali (fiumi, canali e torrenti), limiti che sono stati inclusi nei decreti legge del 2015 (acque superficiali) e del 2016 (acque sotterranee)".

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