Le badanti, la “sindrome Italia” e quella donna che voleva morire

Lacerata da una depressione che le artigliava l’anima e le toglieva ogni forza sprofondandola nel buio, non ce l’ha più fatta a immaginare il domani. E non nel senso del futuro ma proprio domani, il giorno dopo, un altro giorno da vivere.
E ha deciso che non poteva andare avanti, non riusciva a trovare un perché. Non ha trovato aiuto, forse nemmeno ha avuto l’energia per chiederlo. In aprile si è buttata sotto un treno, a Padova. Faceva la badante, era una donna rumena. Una notizia liquidata in poche righe che ha conquistato un titolo di apertura solo in virtù del ritardo dei treni e delle proteste dei passeggeri dovuti all’”incidente”.
Non è morta, come avrebbe voluto, l’impatto con il treno è stato limitato alle gambe con il risultato che hanno dovuto amputargliele tutte e due. Una tragedia al quadrato, ché adesso quella donna disperata, che aveva scelto la morte, si ritrova viva e menomata.
E per affrontare una menomazione del genere non basta tutta la tempra di cui uno dispone, ce ne vuole di più. Come potrà farlo lei, che voleva solo annullarsi, sparire dal mondo? Cosa le schiacciasse il cuore a tal punto non è dato sapere, quello che si conosce invece è il fenomeno della depressione delle badanti. Una bestia nera e cattiva, come ogni depressione.
La chiamano “sindrome Italia” e si calcola che ne soffra un terzo delle badanti. Una patologia che le accompagna quando nessuno se ne accorge, quando loro continuano ad occuparsi da sole giorno e notte dei nostri vecchi, di noi vecchi. Sono 800 mila le donne in Italia che fanno questo lavoro, e la richiesta è molto alta considerato che il numero di anziani arriva a 13.4 milioni.
Una patologia che esplode quando dopo anni tornano a casa loro, per lo più in Romania, dove ad attenderle ci sono famiglie disgregate, figli che non le riconoscono più, mariti che spesso nell’alcool hanno dilapidato i soldi che le mogli mandavano. Accompagnate dal senso di colpa per aver lasciato soli figli che da piccoli si sono fatti grandi e lo rinfacciano loro l’assenza. Sono gli “orfani bianchi”.
A casa fanno fatica a reinserirsi, non trovano più il loro posto né nella società né in famiglia. Il paradosso è che sono donne che si sono sacrificate per sostenere quella loro famiglia lasciata e per dare un futuro ai figli. Alla fine spesso è invece proprio la loro famiglia a venire distrutta.
Negli ospedali psichiatrici runani la “sindrome Italia” è di casa, solo in quelli di Iasi ogni anno ne vengono ricoverate 200. E sono le donne che vengono messe a badare agli anziani, in situazioni a volte pesantissime, a volte nella solitudine: mezza giornata del giovedì e la domenica libero, il resto è assistenza 24 ore al giorno.
Tra il 2007 e il 2017 sono state 3.4 milioni le persone che hanno lasciato la Romania, il 17 per cento della popolazone. Tante sono badanti, come quella che si è gettata sotto un treno per morire e adesso si ritrova le gambe amputate e quella vita che non voleva da ricostruire.
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