Le immagini di Pino Pascali che diventano forme artistiche

Interessante mostra dedicata a uno dei grandi dell’Arte Povera morto tragicamente in un incidente a soli 33 anni
La Biennale di Venezia. 58. Esposizione internazionale d'arte - Eventi collaterali. Palazzo Cavanis. “Pino Pascali. From i Image to Shape”, a cura di Antonio Frugis e Roberto Lacarbonara. Pino Pascali, "9mq di pozzanghere" (1967)
La Biennale di Venezia. 58. Esposizione internazionale d'arte - Eventi collaterali. Palazzo Cavanis. “Pino Pascali. From i Image to Shape”, a cura di Antonio Frugis e Roberto Lacarbonara. Pino Pascali, "9mq di pozzanghere" (1967)

venezia. Jannis Kounellis chiama, Pino Pascali risponde. Se a Ca’Corner della Regina – sede della Fondazione Prada – si apre da domani la stupenda retrospettiva dedicata a uno dei maestri dell’Arte Povera, a Palazzo Cavanis si è invece già aperta un’esposizione più raccolta ma anch’essa di grande interesse dedicata a un altro grandissimo esponente di quella corrente – oltre che della Pop Art italiana – come appunto Pino Pascali, morto tragicamente a 33 anni in un incidente stradale che interruppe il percorso artistico di una delle personalità artistiche più interessanti dell’Italia del dopoguerra. Un’esposizione, quella di Palazzo Cavanis – curata da Antonio Frugis e Roberto Lacarbonara per la Fondazione Pino Pascali – che ci porta in qualche modo all’interno del processo creativo dell’artista, attraverso un medium per lui in parte inedito: quello della fotografia. Tutto parte dalla recente donazione alla Fondazione – da Carla Ruta Lodolo – di circa 160 scatti stampati da Pascali nel 1965 come una ricerca fotografica legata alla commissione di una pubblicità della Cirio per il “Carosello” di allora, quando gli spot erano piccoli film. L’artista pugliese girò diversi “Caroselli” in quegli anni, ma in questo caso la ricerca fotografica per l’Italia, soprattutto a Roma e Napoli diventò per lui una vera e propria ricerca formale e stilistica capace di generare nuove opere.

La mostra veneziana – non a caso intitolata “Dall’immagine alla forma” – dà conto proprio di questo processo, abbinando intelligentemente una serie di “stazioni” che mettono a confronto fotografie, schizzi e disegni di Pascali e opere effettivamente realizzate. Così nella sezione “cose d’acqua” la foto marina di Pascali è abbinata un’installazione come “Nove mq. di pozzanghere”, degli stessi anni. “Il porto, le barche, il mare”, con una bitta ritratta a forma di fungo, “producono” una scultura a fungo pascaliana, ricoperta di pelo.

“Le finte sculture” permette di abbinare alle immagini fotografie quella di una candida scultura-balena a sezioni che appare solida e invece è morbidissima. C’è il video della amicale performance “Ritorno alla terra” immortalata da un altro artista come Luca Maria Patella, amico di Pascali, sulla spiaggia di Fregene, in cui l’artista-performer brandiva attrezzi agricoli da lui stesso inventati, che riappaiono ora anche in mostra. E in “Il teatro e la maschera”, vediamo ad esempio la vocazione teatrale di Pascali travestito da Pulcinella e da Pazzariello – simboli della commedia dell’arte napoletana che voleva utilizzare per lo spot della Cirio – che danza senza freni in girotondo con un gruppo di bambini. La mostra dà anche la possibilità di visionare tutti i filmati pubblicitari realizzati da Pascali nel corso degli anni che permettono anche di misurare la distanza abissale che separa un’interpretazione creativa e personale del messaggio pubblicitario dagli algidi e impersonali spot che ci inondano quotidianamente. Inevitabile anche pensare con un po’di tristezza come una fine prematura abbia privato l’arte italiana di una delle personalità più creative e affascinanti del secolo da poco concluso, richiamando una stagione felicissima, purtroppo conclusa, dell’arte contemporanea italiana. —

E. T.

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