L'ex gestore: «Rinuncio a 60 mila euro ma non voglio più slot»

La protesta contro l’azzardo nei locali pubblici. Il racconto di Claudio Sorgato, che ha aperto una caffetteria in via Sorio
MALFITANO - AGENZIA BIANCHI - PADOVA - CAFFE' VIA SORIO.
MALFITANO - AGENZIA BIANCHI - PADOVA - CAFFE' VIA SORIO.

PADOVA. «Ho rinunciato a 60 mila euro al mese. Ho aperto un bar e preferisco servire cappuccini piuttosto che vivere sulle spalle degli altri». È Claudio Sorgato, titolare della Caffètteria di via Sorio, il volto dello SlotMob, la manifestazione che in 45 città italiane ha lanciato ieri un monito alla politica e un messaggio al presidente della Repubblica Mattarella: «Stop alla dipendenza dello Stato dall’azzardo incentivato per legge».

La testimonianza. Il racconto di Sorgato è quello di un insider nel mondo delle slot e delle videolottery. Per quattro mesi ha gestito una sala giochi: «Perché l’ho fatto? Mi sono trovato senza lavoro a 50 anni. E questa era un’attività che non richiede nessuna specializzazione. Per questo oggi il 90% delle sale è gestito da cinesi: non serve fare nulla. Basta stare lì e guardare».

Mettere in piedi un circolo, oltre ai permessi, comporta interventi importanti: «Le sale slot sono un mondo a sé: illuminazione soffusa, tante luci, niente orologi. Tutto è studiato per fare in modo che si perda la cognizione dell’esterno e che si continui a giocare. Un ambiente elegante, come un piccolo casinò».

I guadagni. Il profitto in una sala giochi dipende ovviamente da quanti giocatori ci sono. Ma anche dalla percentuale concordata tra gestore e concessionario: «Di solito è attorno al 5 o 6%. Ogni macchinetta può arrivare a raccogliere fino a un milione di inserimenti al mese. In pratica sono 60 mila euro al mese», spiega Sorgato.

Girano molti soldi. E questo fa delle sale slot un posto pericoloso: «Ogni macchinetta ha un fondo cassa di circa 2 mila euro. Io ne avevo 24, per cui nella mia sala c’erano circa 50 mila euro – racconta l’ex gestore – Avevo sempre paura di rapine e spaccate. Ero in ansia sia per me che per i dipendenti».

La svolta. Dopo quattro mesi Claudio Sorgato ha deciso di cambiare vita. «Ho visto persone che si giustificavano dicendo “passavo di qua”. E anziani giocarsi i 30 euro della spesa – racconta – La ludopatia ti isola dal mondo. Era una situazione insopportabile». Per questo ha aperto la Caffetteria in via Sorio, rimettendoci anche dei soldi.

L’iniziativa. A festeggiarlo ci hanno pensato ieri i promotori di SlotMob Fest: Movimento dei Focolari, Comunità Papa Giovanni XXIII, Panthakù, le famiglie numerose, I Ponti onlus e Enars. Oltre a Sorgato è stata premiata anche la pizzeria Giuly, in via Buonarroti all’Arcella, che ha fatto la stessa scelta di rinunciare alle “macchinette”.

«Non è una scelta facile. Ci sono lobby molto forti. Ma la spesa sanitaria per curare le ludopatie è decisamente superiore ai profitti che lo Stato fa con le concessioni – spiega Antonella Perlari, la referente SlotMob per Padova – È strisciante la cultura della fortuna: non gli si insegna più ai ragazzi il valore del lavoro quando con un gratta e vinci puoi avere la rendita a vita».

L’impegno delle amministrazioni, con ordinanze e provvedimenti, è apprezzato. Ma non basta: «Serve un aiuto per i bar che rinunciano alle slot – chiede Sorgato – Un’agevolazione sulle tasse o sulle tariffe. È una scelta di vita ma si perde una fonte importante di guadagni. Vorrei incontrare il sindaco Bitonci per spiegarglielo».

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