L’impresario De Negri «Nessun comitato d’affari»
Nessun passo indietro. Nessun mea culpa o qualche forma di collaborazione. Ma una linea difensiva netta e chiara, diretta a tutelare la correttezza del proprio operato. È durato cinque ore l’interrogatorio di Massimiliano De Negri, 48 anni di S.Margherita d’Adige, indagato per concorso in corruzione e turbativa d’asta nell’ambito dell’inchiesta sulle manutenzioni nell’Università. L’impresario – finito agli arresti domiciliari, poi alleggeriti nella misura del divieto di dimora e ora tenuto solo all’obbligo di firma tre volte alla settimana nella caserma dei carabinieri – è stato sentito dagli inquirenti della sezione di polizia giudiziaria della procura dietro sua richiesta. Degli stessi reati è sospettato l’ingegnere vicentino Ettore Ravazzolo, 58 anni di Valdagno, responsabile dell’Area che ha il controllo di tutti i lavori edili nell’Ateneo. De Negri (assistito dal penalista Pietro Sartori) ha spiegato che i lavori svolti dalla sua ditta nell’abitazione del dirigente erano stati pagati da quest’ultimo: niente sarebbe stato fatto gratis per ottenere incarichi come emergerebbe dall’indagine coordinata dal pm Sergio Dini. La procura, infatti, è convinta che il tecnico sia riuscito a “scucire” lavori senza pagare per oltre 50 mila euro in due abitazioni, oltre all’appartamento di famiglia in una dimora storica nel centro di Valdagno, anche in un piccolo appartamento in centro a Padova preso in affitto.
Sempre De Negri ha ribadito che la sua impresa era affidataria di interventi regolarmente assegnati con trattativa privata in quanto sotto la soglia dei 40 mila euro. E i pranzi in alcuni ristoranti dove si sarebbe trattata la spartizione degli interventi? I discorsi – ascoltati tramite intercettazioni o riportati da qualche fonte – sarebbero stati male interpretati. De Negri ha cercato di fornire spiegazioni su ogni contestazione. Secondo le 215 pagine dell’ordinanza che aveva ordinato gli arresti sia del superdirigente Ravazzolo che del piccolo artigiano edile (ma gli indagati sono quasi una ventina), i due avrebbero fatto parte del “comitato d’affari” costituito fin dall’inizio del 2016 con altri impresari e lavoratori dell’ateneo per spartire le manutenzioni e garantire ai dipendenti pubblici regalìe o tangenti. Ora il 3 maggio tocca a Ravazzolo: è stato lo stesso dirigente (difeso dal penalista Giuseppe Pavan e dal professor Giovanni Caruso) a chiedere di essere interrogato. Dal giorno dell’arresto (il 15 novembre 2017) è sospeso dal servizio. (cri.gen.)
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova