“Lone survivor”

Quattro soldati dispersi in territorio ostile. Come in “Fear and desire”, il primo film di Kubrick (le analogie terminano qui), i protagonisti di “Lone survivor”, diretto da Peter Berg (Cose molto cattive, Hancock), si ritrovano sulle montagne dell’Afghanistan, senza più collegamento satellitare con il campo base, per portare a termine una chirurgica operazione militare contro un feroce capo talebano. Marcus (Wahlberg), Mike (Kitsch), Danny (Hirsch) e Axe (Foster) sono Navy Seals, ovvero macchine da guerra, sottoposte a un addestramento estremo che, tuttavia, non li ha “preparati” al dilemma morale che può cambiare (e, in effetti, cambierà) il destino della missione. La strenua resistenza al fuoco nemico e alle insidie della montagna non basta: la salvezza si nasconde proprio in mezzo ai “nemici” e affonda le radici in un codice etico tribale.
“Lone survivor”, depurato del patriottismo di cui è inevitabilmente intriso, rimane un onesto racconto di missione e salvataggio, estremamente “sensoriale” (efficaci i rallenty delle cadute dai dirupi accompagnati dai rumori sordi di corpi contro le rocce) e, persino, coraggioso nel suggerire quanto sia sottile la linea che separa l’esaltazione e il fanatismo militare dal dramma (vero) della sopravvivenza. (m.c.)
Durata: 121. Voto: **½
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