L'Orto Botanico di Padova "clonato" a New York

L'orto botanico di Padova, riconosciuto dall'Unesco patrimonio dell'umanità, è stato ricostruito con le piante e le pietre per una grande mostra. Dalle erbe medicinali ai trattati, sabato la vernice nel Bronx

NEW YORK. Per Gregory Long non c’è dubbio che ci sia un filo diretto fra Padova e il Bronx. «Culturalmente, gli antenati della nostra istituzione si trovano a Padova» dice il presidente del Giardino Botanico di New York, una delle più straordinarie istituzioni culturali della Grande Mela che si estende per cento verdissimi ettari nel cuore del Bronx.

Gregory Long in queste ore si sta preparando per una importante inaugurazione. Sabato verrà aperta al pubblico una grande esposizione dedicata all’uso medico delle piante e il punto focale della mostra sarà l’Orto Botanico dell’Università di Padova. È una vera e propria ricostruzione all’interno del Enid Haupt Conservatory, una bellissima struttura in stile vittoriano dove ogni anno vengono allestite le più visitate mostre stagionali dei giardini botanici newyorkesi.

«Il nostro giardino si ispira al Royal Botanic Gardens di Londra che a sua volta fu disegnato seguendo i principi dell’Orto Botanico di Padova», spiega Long dando il via a una visita in anteprima della mostra intitolata “Wild Medicine”. Una mostra destinata ad avere grande successo di pubblico, tanto che dappertutto in giro per New York ci sono manifesti e pubblicità che annunciano l’ avvenimento. Basta guardare l’impatto dei manifesti per capire quanto peso venga dato, qui, all’allestimento.

La visita parte da una distanza di quindici chilometri. Tanto dura il percorso che si fa in metropolitana e autobus per arrivare all’ingresso del New York Botanical Garden, un polmone di verde che fu creato nel 1891 per volontà della famiglia Lorrilard, forte delle fortune costruite con le piantagioni di tabacco. L’appuntamento è alla Rotonda delle Orchidee, all’interno dell’edificio che ospita la biblioteca.

A dare il benvenuto è Gregory Long stesso che da quasi un quarto di secolo è alla testa di questa prestigiosa istituzione culturale.

«Mai in passato era stata allestita una mostra sulle piante medicinali e sicuramente nulla di queste dimensioni» assicura il presidente, precisando che nel corso delle prossime sedici settimane, fino all’8 settembre, verranno esposte complessivamente cinquecento piante medicinali. «Ci sarà un’alternanza a mano a mano che cambia la stagione. Oggi per esempio è possibile vederne circa duecento».

La prima parte della mostra è di natura accademica. In una sala delle biblioteca sono esposti nella penombra e in bacheche climatizzate libri antichi che illustrano il passaggio delle erbe mediche dai monasteri di clausura alle più prestigiose università. Fra queste Pisa e Padova. I visitatori di “Wild Medicine” vedranno per esempio un catalogo originale di erbe mediche che fu compilato da Giorgio Della Torre nel 1660 oppure il testo “L’Orto Botanico di Padova”, scritto nel 1842 da Roberto De Visiani. Sono testi fanno che parte della collezione permanente del New York Botanical Garden ma raramente sono esposti al pubblico. Eccezionale per esempio il libro di botanica della scuola di Salerno che fu scritto da Matthaeus Platearius nel 1161 su carta pergamena.

Dopo la parte didattica la visita alla mostra si trasferisce all’aperto con una sorta di trenino che porta i visitatori al conservatorio botanico dove diversi curatori illustrano l’applicazione delle piante in medicina tenendo per ultima la visita alla ricostruzione dell’orto botanico di Padova.

«Abbiamo voluto ricostruire le colonne d’accesso al giardino di Padova con le medesime scritte che si trovano scolpite là sulla pietra», spiega Todd Forrest, uno dei curatori della mostra.

La settimana prossima Forrest sarà all’Istituto Italiano di Cultura per partecipare a una tavola rotonda su “Wild Medicine”, alla presenza di esperti che arriveranno per l’occasione da Padova. «Sono scritte che da secoli catturano in modo esemplare come qualsiasi visitatore debba comportarsi davanti alla magistrale bellezza e importanza di un orto botanico. Abbiamo scolpito le scritte da una parte in latino - come nella forma originale - e dall’altra in inglese. Perché desideriamo che tutti i visitatori capiscano questi principi che ci vengono direttamente dalla tradizione di Padova».

Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova