L’ospedale di Brusegana vincolato dalle Belle arti

Dal 2010 esiste una tutela della Soprintendenza sugli edifici della parte ovest Probabilmente protetti anche la palazzina centrale e i padiglioni coevi a est
LIVIERI - AGENZIA BIANCHI - PADOVA - OSPEDALE AI COLLI
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Sugli edifici del complesso dell’ex ospedale Ai Colli di Brusegana pesa il vincolo della Soprintendenza per i beni culturali. Gli edifici di inizio Novecento infatti sono tutelati e, per la gran parte, non possono essere abbattuti. Un intoppo al progetto di utilizzare l’area per un nuovo polo sanitario di ricerca, sostenuto in primis dal presidente della Provincia Enoch Soranzo (ente proprietario dell’area) e guardato con favore dal rettore Rosario Rizzuto.


Di certo c’è un vincolo, firmato nel novembre 2010, dall’architetto Ugo Soragni, che riguarda tutta la parte occidentale del complesso, esclusa l’ex casa del custode e l’ex laboratorio di falegnameria che non sono stati ritenuti di interesse storico. Ma, con tutta probabilità, il vincolo è stato poi esteso anche all’area centrale con l’edificio principale e quello che usa la struttura complessa dell’Usl per l’infanzia e l’adolescenza nel padiglione 1.


«Il complesso dell’ex ospedale psichiatrico costituisce un significativo esempio degli stilemi architettonici e dell’organizzazione funzionale dei complessi ospedalieri edificati a partire dai primi anni del ventesimo secolo per far fronte alle esigenze sanitari sempre maggiori in conseguenza dei progressi compiuti dalla scienza medica – scrive la soprintendente Sabina Ferrari nella sua relazione – Il complesso immobiliare, realizzato in stile eclettico tra il 1901 e il 1907, è stato in seguito arricchito da alcune architetture in stile razionalista databili al secondo dopoguerra».


Gli edifici tutelati
. La relazione della Soprintendenza individua precisamente gli edifici meritevoli di tutela. Prima di tutto ci sono i padiglioni del 1907, come l’ex magazzino economo ed ex sede Isef, che presenta ancora la distribuzione in linea delle grandi stanze, senza corridoi. Anche il padiglione 3, cioè l’ex reparto neurolesi, è stato catalogato come meritevole di tutela della Soprintendenza, come «organismo spaziale molto articolato che delimita una serie di cortili in prevalenza semichiusi».


Ci sono poi una serie di edifici successivi alle prime costruzioni, anche questi vincolati. C’è il Sert, il cui corpo principale «ricalca gli stilemi eclettici comuni al complesso originario del 1907», in cui si fa notare una «pregevole scala in graniglia con ringhiera metallica dal disegno geometrico elaborato». Sotto tutela anche il palazzo dell’ex Guardiola, e anche il grande fabbricato dell’ex Cinema, oggi usato come magazzino, perché «presenta un’impaginazione dei prospetti in stile razionalista». Vincolati anche tutti gli edifici che danno su via dei Colli ed anche la Chiesa, realizzata negli anni ’60 modificando uno dei fabbricati originali del 1907. Anche l’ex Casa del direttore è in stile razionalista e va mantenuta. Mentre la sede della Protezione civile non ha alcun interesse culturale, però il sedime su cui sorge l’edificio «presenta interesse in quanto parte del complesso immobiliare». Nessun interesse culturale invece per l’ex Casa del custode e l’ex Falegnameria.


La storia del complesso
. La necessità di un ospedale psichiatrico emerse alla fine dell’Ottocento quando i “malati di mente” padovani (se ne contano 715) erano distribuiti tra i manicomi veneziani di San Servolo e San Clemente. Da qui l’idea di realizzare un manicomio modello, realizzato con la supervisione dell’allora docente di Psichiatria al Bo Ernesto Belmondo, che ne divenne il primo direttore. Fu inaugurato nel 1907 (dopo cinque anni di lavori): fu concepito come una struttura sanitaria autosufficiente, con al suo interno tutti i servizi necessari ed anche attività artigianali (panificio, fabbro, falegname, eletticista). Una struttura d’avanguardia per l’epoca: «Dotata di tutto ciò che la scienza della psichiatria, nei suoi ultimi responsi, nei suoi più circospetti accorgimenti, nelle sue più delicate finezze, potesse additare – spiegò l’avvocato Federico Frizzerin nel discorso inaugurale – Perché nulla opera è più bella della lotta contro l’universale dolore».


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