Lutto a Montagnana: è morto Claudio Sartori, il re delle giostre. Nel 1987 fu sequestrato per diciotto giorni

Aveva 88 anni, nella sua carriera ha dato lavoro a 700 persone. Il suo rapimento fu un caso nazionale 

MONTAGNANA. Un giorno, siamo alla fine degli anni Cinquanta, il papà di un ragazzo disabile chiede a Claudio di realizzare una macchina che possa essere guidata senza l’utilizzo delle gambe. Quel padre conosce l’ingegno del giovane, dotato anche di una grande passione per la meccanica e di un’evidente abilità di carrozziere. Il prototipo è un capolavoro di ingegneria e Claudio ci prende gusto.

Assembla altre piccole macchinine, se le carica in camion e comincia a fare il giro delle sagre, proponendole come attrazioni ai giostrai. Sono le prime vetture per bimbi destinate al mercato del divertimento. Nasce così la fortuna di una delle imprese più floride nel settore della produzione di giostre, la Sartori Rides (questo il nome attuale) che in sessant’anni di vita ha dato da lavorare a 700 persone e di fatto ha avviato il distretto della giostra di Montagnana, tra i più importanti al mondo. Il suo fondatore, Claudio Sartori, è mancato martedì pomeriggio a 88 anni.

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Dopo le macchinine proposte ai giostrai di mezza Italia a fine anni Cinquanta, Sartori ha aperto non di poco il suo mercato: l’azienda creata dall’ingegnoso imprenditore in sessant’anni di vita ha costruito oltre 10 mila attrazioni, che sono entrate nei principali parchi di divertimento di tutto il mondo.

Le giostre di Sartori si trovano in 107 Paesi del mondo e sono almeno 125 quelle interamente disegnate e brevettate dall’industria montagnanese. «Papà ha dato vita a un distretto che non ha nulla da invidiare a quello di Bergantino» racconta la figlia Manuela, che con i fratelli Andrea, Massimo e Barbara oggi gestisce la Sartori Rides «Tutte le aziende nate dopo sono state avviate da operai formati da mio padre: ha fatto scuola, sia come meccanico che come imprenditore». Sono duecento oggi i lavoratori impiegati in questa realtà, che opera su 20 mila metri quadri nella zona industriale della città murata.

il rapimento del 1987

Nella vita di Sartori, oltre ai successi imprenditoriali, spicca tuttavia un altro episodio, che ha portato l’88enne alla ribalta delle cronache nazionali. L’imprenditore viene rapito nel dicembre del 1987 e rimane segregato per 18 lunghi giorni: viene organizzata anche una colletta per pagare il riscatto, fissato in 400 milioni di lire. È il 7 dicembre quando, poco prima delle 18, Sartori esce dalla sua azienda. Sale sulla sua Bmw ma viene bloccato da una banda di giostrai a 5 km dal luogo di lavoro. Viene picchiato selvaggiamente (rimangono tracce di sangue nella Bmw) e rinchiuso nel cofano di un’auto, dove viaggia per sei ore. Per 18 giorni, l’allora 54enne – già padre di quattro figli e alla guida di un’azienda che aveva quaranta operai – è costretto a passare gran parte del tempo in un “sarcofago” di legno di due metri per uno. A Teramo i malviventi lasciano un plico con una lettera scritta a mano dal rapito: è il segno che è ancora vivo. Segue la richiesta di riscatto della banda: 2 miliardi di lire. I conti correnti dei Sartori vengono però sequestrati dalla Procura proprio per evitare il pagamento della somma.

Parte dunque una colletta tra gli amici dell’imprenditore: i rapitori si fanno bastare i 400 milioni che vengono racimolati in poche ore. Sartori viene quindi rilasciato la notte di Natale, caricato in auto e abbandonato sulla statale tra Cassino e San Vittore, in provincia di Frosinone. «Quella vicenda gli ha segnato la vita» assicura Manuela «Papà non ne ha mai più parlato, ma lo ha fatto solo per non farlo pesare alla sua famiglia: per le vessazioni fisiche subite in quei giorni, e per la forte emotività a cui è stato costretto, il rapimento si è insinuato a livello molto profondo per tutta la sua vita».

L’addio a Sartori, che lascia anche la moglie Tiziana, verrà dato domani alle 15. 30 nel Duomo di Montagnana. La salma partirà direttamente dall’abitazione di via Giacomelli e sarà poi cremata. «Papà ci ha insegnato tutto quel che sappiamo, nella vita e nel lavoro: la sua integrità, anche nel momento del dolore e della paura, è uno dei valori più importanti che ci ha lasciato». 

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