Luxottica, persi quasi 2 miliardi in Borsa

Del Vecchio propone Vian al timone al posto del dimissionario Cavatorta, ma la nomina viene congelata. Deleghe al patron
Il patron di Luxottica, Leonardo Del Vecchio, in una foto d'archivio del 27 luglio 2001. ANSA
Il patron di Luxottica, Leonardo Del Vecchio, in una foto d'archivio del 27 luglio 2001. ANSA

AGORDO. Si è concluso alle 23,30 stanotte il Cda di Luxottica: la nomina di Massimo Vian ad A.d operations e prodotto, proposta dal presidente Leonardo Del Vecchio, rimane sospesa fino a quando non verrà trovato anche l’A.d competente su mercati e corporate. Nel frattempo vanno a Del Vecchio tutte le deleghe. Cda fiume ieri a Milano per il colosso dell’occhialeria di Agordo. Il board è iniziato a Borse chiuse, dopo la sonora sberla che ha punito il titolo post uscita dell’ad Enrico Cavatorta. Luxottica è andata ko: il modello di crescita dai numeri record, l’azienda che molti citano come esempio, anche di gestione, in soli dieci ore, è sprofondata a Piazza Affari, portando l’azione ai minimi termini da gennaio (a 37,29 euro -9,23%) bruciando 1,82 miliardi di capitalizzazione.

«Cherchez la femme», annotano gli osservatori. Già, perché se qualcuno aveva plauso a una veloce successione manageriale - quando Andrea Guerra fu sostituito prontamente da un triumvirato mai completato con il secondo ceo 40 giorni fa - è ormai evidente che è un’altra la successione mai portata a termine: quella proprietaria e ancor più, imprenditoriale. Oggi, a distanza di 24 ore dalle dimissioni di Cavatorta, l’ad che Del Vecchio aveva scelto il 1. settembre per un’innovativa gestione a tre, emergono evidenti le ragioni di una doppia uscita di scena in grande velocità. Le vicende Luxottica sono intrecciate a filo doppio con l’eredità dell’imprenditore di Agordo che il prossimo maggio compirà 80 anni. La moglie Nicoletta Zampillo, sposata due volte, ha chiesto il 25% della cassaforte Delfin che controlla il 61,35% dell’azienda, il cui capitale era stato diviso anni fa dall’imprenditore in parti uguali (16,38%) a una folta prole di sei figli avuti da tre diverse relazioni. Un «riassetto» questo, confermato dallo stesso Del Vecchio l’altra sera in una nota stampa, allo scopo «di migliorare la governance e separare ulteriormente la proprietà dalla gestione».

La prospettiva è quella di fare uscire il primogenito Claudio, l’unico oggi a sedere in Cda, «per dare omogeneità e coerenza alle posizioni di tutti i membri della famiglia». Senza far entrare altri componenti della dinasty. Ma nella stanza dei bottoni è arrivato da poco un consulente, Francesco Milleri, molto vicino all’imprenditore e alla moglie. Cavatorta ne avrebbe contestato l'invasività e l'incompatibilità delle nomina a vicepresidente esecutivo rispetto la governance decisa a settembre. Così ha lasciato il suo incarico.

Del Vecchio ha proposto di cooptare Massimo Vian, co-amministratore delegato con le deleghe per l'area Operations e Prodotto e, ad interim, quelle per le funzioni Corporate e Mercati. La decisione è arrivata ieri sul tavolo di un Cda straordinario, preceduto da una riunione informale di alcuni consiglieri, a cui avrebbero partecipato Claudio Costamagna, Anna Puccio, Mario Cattaneo, Marco Reboa, Roger Abramovel, fortemente perplessi rispetto a quanto accaduto e decisi a dimettersi. Con la sua Delfin, Del Vecchio controlla oggi il 66% dell’azienda. Che per gli analisti, significa di fatto, pur essendo in Borsa, «non diventare una public company». Oggi qualcuno punta il dito contro la scelta che fece Del Vecchio di dividere in parti uguali l’azienda. «È una non decisione. Precostituire una maggioranza sarebbe stata una decisione saggia» spiegano gli economisti.

Consob ha comunicato la volontà di mantenere un faro acceso sulla vicenda.

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