Manager malato ammette: «Contestavo la mascherina ma il virus mi ha tolto il respiro»

Il drammatico racconto dell’infezione postato su Fb dal dirigente dell’Alta Ismaele Zurlo: «Rispettate almeno voi stessi», l’accorato appello ai negazionisti rilanciato dall’Euganea 

PADOVA. «Mi lamentavo della mascherina, ma il Coronavirus esiste, ho vissuto sulla mia pelle la mancanza d’aria e sul letto d’ospedale ho visto medici e infermieri sfiniti». È un racconto drammatico e un appello sentito quello lanciato da Ismaele Zurlo, 44enne di Cittadella, manager della Tecnos Srl, alle ultime amministrative candidato nella lista Forza Cittadella a sostegno del sindaco Luca Pierobon. «La vita può cambiare in un soffio di vento», ha scritto su Facebook.

E il suo racconto è stato rilanciato sui social anche dall’azienda sanitaria. Per lui la vita cambia la prima domenica di novembre: gli fanno il tampone: positivo. Si ritira in isolamento domiciliare, ma presto comincia a mancargli l’aria.

Per chiudere un po’ gli occhi prova di tutto – aerosol, sciroppi, calmanti, qualsiasi cosa. Niente da fare, la febbre si impenna a 39 gradi, respirare a fondo lo fa tossire senza freni. L’isolamento in casa dura una settimana, poi Ismaele decide di comporre il 118.

«Quattro angeli sono venuti e mi hanno prelevato dalla mia abitazione trasportandomi con la massima cura fino al Pronto soccorso». Sirene spiegate, l’ambulanza parte in direzione dell’ospedale di Cittadella. Lì Ismaele scopre di non essere l’unico ad avere il fiato corto: «Con massima professionalità e senza perdere nemmeno un minuto mi hanno visitato, sottoposto a Tac e fatto i prelievi di rito».

A coloro che non credono che le strutture sanitarie siano sotto stress, al limite, che non sentono l’emergenza, come se gli ospedali fossero in un mondo parallelo: «La situazione era drammatica, quasi non c’era posto per la mia barella. Non avrei chiesto nulla di più, andava bene anche un angolo buio, ero stremato e il respiro quasi mi stava abbandonando. Ero quello che stava meglio».

Una situazione di guerra, dove però hanno fatto capolino la cura, l’umanità, la professionalità: «L’infermiera, dotata di infinita umanità, mi ha detto di non preoccuparmi e che mi avrebbero dato subito delle risposte in base agli esami. I minuti scorrevano lenti e le ambulanze si susseguivano costanti. Un via vai di degenti con crisi respiratorie. Un disastro. Prelievi e tac, a rotazione. Tamponi e prelievi». Ismaele è forte, migliora. Ormai in via di guarigione, decide di raccontare la sua testimonianza perché tutti ne facciano tesoro.

«Pubblico il mio appello affinché voi, nonostante la vostra sacrosanta necessità di continuare a svolgere la vita normalmente e senza restrizioni, consideriate che il virus esiste, c’è, spesso attacca in forma lieve, qualche volta in forma più importante, costringendo le persone a fare uno stop forzato ma necessario».

Le sue parole puntano dritte ai negazionisti, a chi prende il virus sotto gamba: «Io stesso per portare la mascherina prima facevo una fatica incredibile, mi lamentavo». Oggi non più, ora Ismaele sa per esperienza diretta di quale furia è capace il Covid-19.

«Per tutti coloro che non credono al Coronavirus, per tutti coloro che pensano sia solo una semplice influenza e infine per tutti coloro che sghignazzano e si lamentano delle varie restrizioni, lockdown, mascherine, gel, distanziamento... ecco, per tutti voi spero riusciate a rispettare voi stessi e gli altri con l’utilizzo dei mezzi di protezione, senza minimizzare o fare negazionismo. Fatelo per le persone a cui volete bene, se non volete farlo per la vostra salute».

Un pensiero fortissimo ed un grazie va a chi è in prima linea: «Ricordate che volersi bene significa rispettare se stessi e il prossimo, significa rispettare il lavoro degli operatori e medici che sono sfiniti e distrutti dalle centinaia di ore che stanno dedicando giorno dopo giorno per amore verso la loro professione». —

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