Sabato ad alta tensione: a Padova tre manifestazioni, scontri scongiurati
Tre cortei, due il pomeriggio (a poche centinaia di passi di distanza) e uno la sera. Sono scesi in piazza i neofascisti di CasaPound, gli antagonisti del Pedro, e infine Anpi e Cgil

Alla fine ha vinto il confronto democratico. Gli scontri tanto temuti dalla Questura non ci sono stati, e ha avuto la meglio la libertà di manifestazione. Tre cortei, due il pomeriggio (a poche centinaia di passi di distanza) e uno la sera, hanno paralizzato il centro storico mentre l’impressionante dispositivo delle forze dell’ordine ha retto. Ma è stato tutt’altro che un pomeriggio privo di tensione. Dall’alto un elicottero della polizia ha monitorato la città, un mezzo dotato di idrante ha tenuto a tiro il presidio del Pedro in piazza Antenore, e decine di agenti e carabinieri in tenuta antisommossa hanno circondato per tutto il tempo la marcia nazionalista di CasaPound.
I numeri sono stati tutt’altro che impressionanti: appena cinquecento attivisti dei centri sociali, altrettanti i militanti neofascisti arrivati da tutta Italia. Altrettanti, sorprendentemente, gli uomini e le donne delle forze dell’ordine che hanno riempito le strade. Il dispiegamento ha lasciato ben intendere che fino all’ultimo piazzetta Palatucci abbia temuto attimi di violenza.
Sul campo, oltre ai vigili urbani per il controllo del traffico, anche centinaia di uomini del Reparto Mobile di via d’Acquapendente, carabinieri del Norm e del Battaglione Veneto di Mestre, e ancora agenti in borghese della Digos e della Squadra Mobile. Anche il questore Marco Odorisio è sceso in campo per coordinare le manovre, ed è indubbio che il suo piano sia infine riuscito a scongiurare scontri.
Al costo di una città militarizzata, anche se solo per un pomeriggio: chiusi per ordine della Questura i parcheggi di Parco Prandina e di piazza Insurrezione. Senza preavviso, fatto che ha causato disagi per i pochi padovani che hanno sfidato la pioggerellina per recarsi in centro per lo shopping del sabato. Altra sorpresa: il tempo ha retto.
Da parco Prandina è partito il corteo di CasaPound alle 16.15, con un quarto d’ora di ritardo sulla tabella di marcia. «Riteniamo che non si debba consentire ai fascisti di manifestare e che, a maggior ragione, un loro corteo non dovesse avvicinarsi ad un luogo dedicato a chi morì per liberare il paese dal nazifascismo», ha osservato il comitato che gravita intorno all’area verde di Corso Milano e che porta il nome di Giacomo Prandina, partigiano padovano morto a Mathausen il 13 marzo di 80 anni fa.
Il corteo nero si è aperto con uno striscione: «Basta mafia antifascista». Al seguito due file di militanti con bandiere nere, e poi centinaia di tricolori retti da uomini e donne vestiti di nero. «Dopo tante altre città, anche a Padova abbiamo portato una manifestazione di calibro nazionale», ha osservato il romano Sergio Filacchioni, del direttivo di Blocco studentesco. «Noi siamo un movimento che esiste alla luce del sole, per dare un’alternativa alla decadente politica italiana», ha poi aggiunto sotto all’architettura fascista di piazza Insurrezione. È seguito anche un intervento del coordinatore regionale di CasaPound, Carlo Cardona, che ha ribadito il motivo dell’adunata, ossia come risposta all’aggressione subita dai sei militanti in Prato del mese scorso per mano di ventidue pedrini.
Il corteo ha sfilato sotto gli occhi sbigottiti dei padovani a passeggio sul Liston e per le vie del centro. «È vergognoso, una manifestazione così è davvero legale?», si è chiesto un nonno con i nipoti al seguito. All’incrocio con via Dante una ragazza in lacrime: «Com’è possibile che gli sia stato permesso di sfilare con quelle bandiere nere?», ha osservato prima che un poliziotto le intimasse di allontanarsi. «Non è il caso di dire certe cose qui, non vede che la situazione è tesa», gli ha detto il l’agente in borghese. La giovane, ancora in lacrime, ha poi dovuto lasciare l’area. E un’avvocata in pensione: «La Costituzione proibisce la ricostituzione del partito fascista. E loro oggi non sono qui per qualche ricorrenza, ma per dire che esistono e che sono pronti a rivendicare un ruolo nella politica. Che corto circuito ha permesso tutto questo?». In piazza anche sostenitori: «Non sono qui per il corteo, ma penso che sia legittimo che tutti possano avere una piazza per manifestare. Certo, anche loro», ha detto un’anziana padovana. Ogni tensione è stata disinnescata sul nascere, e i giovani “sospetti” sono stati identificati e allontanati dall’area per evitare preoccupazioni.
Il fuori programma è arrivato in piazza Antenore, dove al Pedro infine è stato concesso il corteo fino a Palazzo Moroni. Dietro allo striscione «Padova antifascista» persone da tutte le realtà politiche e associative. Qualche sbuffo dei commercianti che hanno criticato il presidio e la musica ad alto volume per tutto il pomeriggio. E alla fine si è concluso tutto senza far ricorso alla violenza, a sommo beneficio della città e dei valori democratici su cui è stata fondata.
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova